Di  Vito  Pirrone

Nel programma Report trasmesso lunedì 3 aprile, è stato curato un servizio sulle carceri, sui detenuti al 41bis e sul reinserimento sociale dei detenuti, su alcuni storici collaboratori di giustizia quali Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, ad un livello di disinformazione.  Le affermazioni e la tesi di fondo del programma disattendono il principio dell’articolo 27 della Costituzione; una parte del servizio, infatti, è dedicata alla difesa dell’istituto del 41bis e porta avanti una narrazione, secondo la quale  la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, sostenendo che questo regime carcerario èinumano e degradante,  fa il gioco della mafia. Il piglio è palesemente allusivo: che i giudici della Corte di Strasburgo sui diritti umani, i professori di diritto, i magistrati di sorveglianza, l’ex ministro della Giustizia Marta Cartabia, siano tutti, più o meno, manovrati, taluni inconsapevolmente, dalla mafia, è una tesi che ha dell’incredibile.

Il conduttore del  programma si scandalizza che i detenuti al regime del c.d. 41bis abbiano la possibilità di studiare e laurearsi in carcere, lamentando i voti alti da questi ottenuti in sede di esami e facendo intendere che siano frutto di favoritismi di origine criminale.

E’ di tutta  evidenza  che la trasmissione  sia stata realizzata da soggetti che non conoscono la realtà carceraria. Nella realtà, i detenuti al regime del 41 bis non hanno favoritismi, bensì notevoli pregiudizi da affrontare. Lo studio è l’unico modo che hanno per cambiare, per tentare un eventuale reinserimento socialmente, sicché andrebbe valorizzato non stigmatizzato.

Report attacca, inoltre, l’intera categoria degli avvocati che difendono i mafiosi, facendoli passare per probabili collusi e lamentando, financo, che gli incontri tra questie gli assistiti siano coperti dalla privacy. 

Nella seconda parte del programma, Ranucci attacca le cooperative e le associazioni che nelle carceri si occupano di reinserimento dei detenuti. Reportrappresenta come vergognoso la circostanza che i detenuti, grazie a queste realtà, lavorino e facciano un percorso che consente  loro l’accesso ad eventuali benefici previsti dalla legge. Quello che è l’applicazione dello Stato di Diritto e  della Costituzione viene mostrato come qualcosa di losco, frutto di patti scellerati.

E’ inaccettabile che  un  programma  trasmesso da una rete pubblica  faccia questo tipo di informazione che mistifica  la realtà, nella complessità di un’istituzione come il carcere, che richiederebbe analisi più attente ed  una seria cautela  nella narrazione dei fatti. Questo tipo giornalismo informativo svilisce l’informazione e lo spettatore, ignaro dei fatti, del diritto, della realtà penitenziaria e criminale del paese, ne esce sconvolto.