Nei mesi scorsi sono stato ad assistere alla messa in scena di un’originale versione del “Berretto a sonagli” di Luigi Pirandello, con la bella regia di Gigliola Reyna, anche nella parte di Beatrice Fiorica, con Giacomo Famoso, nella parte di Ciampa, con Ercole Tringale, nella parte di Fifì La Bella, e con tanti altri attori tutti molto bravi, così come sono stati bravi i due ballerini Alessia Bella e Mario Mannino, che hanno offerto una particolare rappresentazione danzante della gelosia, il sentimento che domina il lavoro dello scrittore agrigentino. La rappresentazione dei rapporti interpersonali che Pirandello racconta usando l’esempio della “corda pazza” della “corda seria” e della “corda civile”, così come la definizione che egli fa del carattere umano e del ruolo che ciascuno occupa nella società, attraverso la similitudine dei “pupi”, dovrebbe molto farci pensare, inducendoci, ed inducendo soprattutto la scuola, ad approfondire la letteratura italiana che, almeno nel ‘900 ma non solo, è soprattutto letteratura siciliana. Quest’ultimo particolare, purtroppo, sfugge, talvolta dolosamente, a molti. Eppure Verga, Pirandello, Capuana, De Roberto (di residenza e lavoro, anche se non di nascita), Patti, Brancati, Villaroel, Rapisardi, Martoglio, Tommasi di Lampedusa, Sciascia, Quasimodo, Goliarda Sapienza, Bonaviri, Vittorini, Bufalino, Consolo e Camilleri sono siciliani e meriterebbero di essere ricordati e celebrati ogni giorno. Noi, però, siamo di memoria corda e talvolta distorta, quindi cadiamo spesso nella trappola di chi ci vuole male, trascura i nostri meriti ed esalta i nostri demeriti. Infatti ci ricordiamo di più di Liggio, di Riina, di Provenzano ed altri, che non hanno suscitato l’interesse della letteratura, bensì quello della cronaca nera.