Il dibattito sulle ulteriori modifiche da apportare al reddito di cittadinanza si fa sempre più serrato e coinvolge tutte le forze politiche, che ne hanno fatto un terreno di serrato confronto.
Personalmente credo che le persone che non possono lavorare o non riescono a trovare lavoro, nonostante si impegnino a cercarlo, hanno il diritto di essere aiutate e lo Stato deve farlo, senza tirarsi indietro, anzi, sforzandosi di farlo al meglio.
Chi non ha questo diritto sono invece coloro i quali, contando sulla inadeguata normativa che regola i controlli, ne approfittano per non fare nulla, se non addirittura per frodare lo Stato.
Credo sia venuto il momento di cambiare le misure di welfare mantenendole nell’attuale formulazione assistenziale solo per chi non può lavorare, perché legittimamente impedito, ma trasformandole in “lavoro di cittadinanza” per chi può tranquillamente svolgere una qualsiasi attività: c’è tanto da fare!
I comuni sono rimasti con pochi dipendenti, le strade e le aiuole hanno bisogno di una manutenzione continua che pochi fanno, le persone più deboli, gli anziani, i diversamente abili hanno bisogno di cura e di assistenza, dunque il pericolo che si possa restare senza fare nulla non c’è.
Il problema è che bisogna cambiare la legge, possibilmente ascoltando i soggetti che potrebbero essere in grado di forniture indicazioni importanti ai fini di una utilizzazione proficua degli attuali percettori del reddito di cittadinanza.
Il nostro Paese non può permettersi sprechi e chiedere che il reddito costituisca, come abitualmente dovrebbe accadere, una variabile dipendente dal lavoro non è una bestemmia, non è un attacco a chi versa in condizioni di disagio, è soltanto buonsenso e rispetto per chi lavora davvero.