Il “sistema” di cui parla l’ex magistrato ed ex componente del CSM, Luca Palamara, è in grande agitazione, come lo sono i gruppi di giustizialisti e di securitari che siedono in Parlamento, sia tra gli scranni del centrodestra, sia tra quelli del centrosinistra e dei 5stelle.
Qual è il motivo di tanto fermento? Semplice: hanno capito che, finalmente, al Ministero della Giustizia siede una persona, Marta Cartabia, che conosce molto bene le leggi e la Costituzione, e che vuole varare una riforma vera.
Ad essere molto preoccupati sono soprattutto alcuni magistrati ed i loro manutengoli politico/giornalistici, che temono di perdere i privilegi acquisiti con anni di indegne forzature giudiziarie e non solo.
Al processo di Caltanissetta, ad esempio, tra i “professionisti dell’antimafia”, come spesso accade quando il giocattolo si rompe, “sono volati stracci”.
Se in questo controverso mondo fatto di finti delatori, di finti pentiti, di finti collaboratori e di qualche furbetto, emergesse qualche “pentito vero”, come è accaduto nel caso della magistratura, con Palamara, o della mafia, con i tantissimi collaboratori di giustizia, certi comportamenti, certe dichiarazioni di stampa e certe decisioni, apparentemente intransigenti, potrebbero essere meglio analizzate e meglio contestualizzate.
La verità, però, resta sempre la stessa: “se fai troppo il puro, rischi di trovare qualcuno più puro che ti epura”. Il problema però è un altro: chi ci libererà mai degli allocchi?
Chi riuscirà mai a liberare il Paese dal giogo di un modello giudiziario che ha perso il piacere dell’inchiesta affidandosi, in ogni caso, a dei criminali?
Spero ardentemente che qualcuno, prima o poi, magari in occasione dell’auspicata riforma a cui ho fatto cenno prima, vorrà occuparsi della questione.