La Sicilia è una delle mete preferite per il turismo interno del dopo Covid. È una bella notizia, ma purtroppo lo è soltanto a metà.
Chi, con tanto entusiasmo, verrà nella nostra regione, infatti, perderà del tempo, ore ed ore, ad attraversare lo stretto.
Perderà del tempo a percorrere le pessime strade interne, che da decenni non vengono asfaltate, perderà del tempo se prenderà il treno e troverà molti siti culturali ed archeologici chiusi, per mancanza di personale o di infrastrutture di sicurezza.
Nonostante tutto, per fortuna, i turisti che verranno in Sicilia andranno via portandosela nel cuore, ma ricordando che la politica siciliana non è all’altezza della situazione, perché non risolve i problemi che gli capitano, ma li gestisce, nel tentativo di trasformarli in opportunità nella ricerca del consenso.
Nei giorni scorsi, ad esempio, la Regione ha varato una disposizione secondo la quale la sabbia vulcanica, che copiosamente e periodicamente ricopre, purtroppo, il territorio dei comuni dell’Etna, non è da considerarsi un rifiuto speciale e quindi non va smaltita secondo le norme che regolano questa categoria.
Se non fosse stata varata questa ovvia disposizione, i comuni avrebbero dovuto affrontare spese enormi.
Pensate, però, che nelle costruzioni tale tipo di materiale, estratto dalle cave, costa e viene pagato profumatamente.
Tuttavia, qui da noi, elaborare un concetto così semplice ha comportato non poche difficoltà, così come nessuno ha pensato di realizzare forme sinergiche di collaborazione tra i comuni che vivono il medesimo problema, per determinare economie di scale.
Nessuno ci ha pensato perché ogni comune voleva e vuole incaricare una propria ditta di fiducia alla quale elargire un lavoro ed alla quale chiedere un ritorno di natura clientelare a futura memoria.
Una politica fiondata su questo genere di presupposti paralizza il Paese.
È sempre la solita storia del pelo e del palo
È vero, nella vita si cambia, meno male, soprattutto se si cambia in meglio, ma purtroppo non sempre questo accade.
Qualcuno, ad esempio, di recente, è molto cambiato. Pochi mesi addietro, si augurava che ad occuparsi di un certo parlamentare regionale fossero “palazzi” diversi da quelli della politica, alludendo ai Palazzi di giustizia.
Adesso, invece, su una questione giudiziaria che lo riguarda non direttamente ma piuttosto da vicino, dichiara di essere garantista.
Si cambia, eccome se si cambia. Un tempo ci si comportava da fustigatori dei costumi politici altrui, mentre adesso si investono migliaia di euro per attività apparentemente istituzionali, ma in realtà autoreferenziali.
“Come si cambia per non morire”.
In realtà, però, non si cambia affatto, si è sempre gli stessi che, di volta in volta, a seconda della parte che su recita in commedia, si indossa un abito diverso.
Credo che si tratti di uno di quegli “arcana imperii”, riguardanti la condizione umana, che risalgono alla notte dei tempi.
In fondo la parabola del pelo nell’occhio proprio e del palo nell’occhio altrui non è affatto recente, anzi, è persino riportata nelle sacre scritture.
Ad ogni modo, credo che vi siano valori sui quali non si possa mediare affatto. Elementi come la giustizia, come la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio, come l’opportunità che nessuno dubiti della “moglie di Cesare”, ecc. dovrebbero rappresentare veri e propri capisaldi validi per tutti e sempre, anche perché la ruota gira e, di questi tempi, gira molto vorticosamente.