Lo schiaffo ricevuto dal governo egiziano sul caso Regeni e l’offesa subita nei mesi scorsi dal “non governo” libico, sulla vicenda dei 18 pescatori di Mazara del Vallo, ci danno la misura dell’inconsistenza del governo italiano sul piano della politica estera affidata all’incapace Di Maio, a stento sterilizzato dal premier Draghi. 

Con un presidente del consiglio non eletto, ma che gode della fiducia di un’ampia maggioranza e soprattutto dell’Europa, che però si trova ali fianco un ministro degli esteri che sconosce la geografia  sarà sempre peggio. 

Erano altri i tempi dei Craxi, dei La Malfa, dei Pertini, dei Cossiga, degli Andreotti. Ora siamo davvero lo zimbello del mondo e non si capisce bene fino a quando Draghi riuscirà a tamponare la situazione. 

Dopo essere stati l’ottava potenza economica stiamo tornando ad essere solo “pizza, spaghetti e mandolino”. 

Perdere l’occasione di avere alla guida del Paese una persona molto ben accreditata nel mondo rappresenta un gravissimo errore a cui bisogna porre rimedio in tempo.

Il mondo sta cambiando, gli scenari geopolitici internazionali affidano al bacino del Mediterraneo un ruolo di grandissima importanza strategica ed economica. 

L’Italia è il naturale ponte fra tre continenti: Europa, Asia e Africa ma con un ministro degli esteri come quello che ci ritroviamo, il rischio di sprecare questa occasione è fortissimo. 

Sarà ancora lo “stellone” a salvarci, sarà la buona sorte che spesso ci ha presi per i capelli a farci uscire indenni da quest’ennesima situazione di crisi? Al momento possiamo solo incorniciare le dita e sperare.