di  Vito Pirrone

La valutazione degli elaborati  dell’ultimo concorso per l’accesso in  Magistratura ha fatto emergere una grave carenza culturale e linguistica da parte dei candidati; è stata evidenziata “ l’ assenza  di cognizioni di base, con un vuoto pneumatico e semantico ed un deficit  culturale profondo”.

L’ultima selezione   per il concorso  di magistratura è  stata  una delle peggiori:  il 95 % dei partecipanti  non sono  stati ammessi agli orali. La commissione parla “di elaborati  privi dei requisiti minimi, pieni di refusi  ed errori  concettuali  e di diritto : temi redatti in italiano primitivo  senza logica argomentativa e linguistica”.  

La riflessione obbligata riguarda sia  l’attuale formazione scolastica  degli aspiranti magistrati, che la futura classe dirigente.

E’ evidente che le lacune  partono da lontano e va  rivisto il  percorso formativo delle scuole superiori e medie; gli esperti  evidenziano da tempo  che “la qualità dell’istruzione pubblica fino ai diciotto anni è piena di vuoti”. 

L’istruzione scolastica deve fare un salto di qualità. L’attuale percorso  scolastico,dalle  elementari, medie e superiori è  da riformare. Bisogna qualificare la figura  di quello che un tempo si chiamava maestro, di colui o colei che insegna. Il maestro aveva una reputazione pubblica formidabile. Oggi non più.                     

I motivi principali per cui la preparazione didattica «è così modesta», possono determinarsi  in primis, per «il livello minimo della responsabilità sociale dell’insegnamento», in secondo luogo «la retribuzione così bassa al punto che il reclutamento dei professori subisce sistematicamentel’allineamento verso il basso». Oggi  si privilegia sempre più      l’ uso del computer e si  insiste sempre meno  sulla scrittura elaborata. 

Lo  smartphone costituisce  oggi  una protesi ed assistiamo all’ibridazione  di un umano  con uno strumento inanimato.

Il vivente si transumatizza  e l’inanimato  prende vita. Si ripropone  in tutta la sua concretezza  quello che da qualche tempo  è stata definita  “ la neo-questione della lingua italiana“. Questo  complesso fenomeno  andrebbe interpretato  anche alla luce  di concetti  più generali  ed epocali,  come quello della società liquida  (Bauman),  di oralità e scrittura  (Mac Luhan), di nativi digitali  (Prensky).

I ragazzi non  sanno, o spesso non riescono a  produrre uno scritto in italiano. Il problema  è che i ragazzi   stanno perdendo  il gusto  di usare il patrimonio  linguistico.

Se   diamo  uno sguardo,  scopriamo  che le radici profonde  della difficoltà ad esprimersi nello scritto, risiedono spesso  nella scarsa preparazione  ricevuta  ai livelli  più bassi     dell’ istruzione . 

Con un atto  di onestà intellettuale, la scuola deve chiedersi quanto spazio è possibile dedicare alla didattica della scrittura.

L’educazione linguistica   deve essere una priorità  contingente e sostanziale.

La Cartabia  pone  la  necessità “ di avviare  una riflessione  su questo capitolo che riguarda direttamente le nuove generazioni, la trasmissione del sapere, di  una esperienza  e di un’arte, a chi verrà dopo di noi”.