Tra i tanti, ci sono due modi di intendere la politica: quello che si basa sul potere delle idee e quello che si basa sull’idea del potere.
Il primo si nutre di democrazia, di confronto, di partecipazione, di solidarietà, di pari opportunità, di libertà e produce sistemi istituzionali in cui il valore delle idee è uguale per tutti.
Il secondo si nutre di arroganza, di oligarchia, di potere concentrato in poche mani, di condizionamento e persino di violenza.
La riduzione del numero di parlamentari, voluto dal referendum dello scorso anno, fa rinascere l’aristocrazia non della gentilezza, non della cultura, non della competenza, ma dell’arroganza, non dell’anima ma dei soldi, non delle pari opportunità ma di chi è più forte e per questo è in grado di imporsi sul buonsenso e persino sulla giustizia.
La democrazia è fatta di conoscenza e di partecipazione, la conoscenza presuppone la capacità di comprendere ciò che ci accade intorno anche se ci viene raccontato in maniera distorta o interessata.
La partecipazione presuppone la capacità di mettere da parte ogni personalismo e scendere in campo, provando a spiegare le ragioni di cui si è portatori, ma presuppone anche la voglia di volersi mettere a disposizione di un progetto, di un modello che deve avere senso compiuto ed obiettivi certi.
Solo la partecipazione garantisce un livello adeguato di democrazia ed impedisce che essa diventi lo scheletro di se stessa rinchiuso nella bara di un Parlamento puzzolente e mummificato, come un feretro dimenticato dietro l’altare della Repubblica.
Non è per la nascita di una ristretta oligarchia che si batterono i nostri padri costituenti ed i tanti italiani morti durante la resistenza.