Roberta Cannavà

Partendo dall’ennesimo episodio da parte di un professore e ancor prima da una professoressa, di “molestia di genere” a scuola, cosi come definita dalla Convenzione approvata dall’OIL il 21 giugno 2019: ogni comportamento suscettibile di causare danno fisico, psicologico e economico; nasce una riflessione su come intere generazioni siano state educate a considerare il genere maschile superiore a quello femminile e questo ha fatto sì che stereotipi e pregiudizi di genere si radicassero nella cultura tradizionale. Oggi parlare di stereotipi e di pregiudizi di genere può sembrare anacronistico alla luce del fatto che il principio di uguaglianza e di pari dignità tra i sessi è stato riconosciuto e affermato ormai da molti anni.

Addentrandoci però in uno studio approfondito si evince che l’argomento non è per niente scontato, anzi, è più che mai attuale poiché a livello culturale permangono forti resistenze a considerare donne e uomini persone cui spettano le stesse opportunità di crescita e di sviluppo su tutti i fronti compreso quello formativo, e lavorativo.

Il termine “stereotipo” nel linguaggio comune sembra esprimere un significato apparentemente chiaro e ampliamente condivisibile. Gli stereotipi rappresentano, per certi versi, un’indispensabile strategia di categorizzazione che gli individui impiegano per semplificare un mondo di esperienze variegato, mobile e difficile da catturare. Il loro utilizzo può comportare, infatti, una perdita di accuratezza delle informazioni, sottostimando o sovrastimando il grado di associazione tra il tratto stereotipico e la categoria di riferimento. 

Esiste un’ampia letteratura che approfondisce il tema delle differenze di genere sessuale e del ruolo che le mutue percezioni giocano nel rappresentare alcuni comportamenti “maschili” o “femminili”. Tali studi appaiono tutti sostenuti dall’esigenza di “leggere” il ruolo degli stereotipi nei termini di espressione di atteggiamenti e preferenze sociali di genere che guidano la scelta. 

Secondo questi studi, l’attivazione dello stereotipo favorirebbe l’accentuazione delle somiglianze/differenze delle credenze stereotipate circa la rappresentazione dei comportamenti maschili e femminili, dell’insieme di attività, ruoli e tratti che sono attribuiti più di frequente alle donne o agli uomini e che rimandano a ciò che la società intende per “femminile” e “maschile”, e a ciò che, come conseguenza, dagli uomini e dalle donne ci si aspetta. 

Il ruolo degli stereotipi nella scelta delle professioni appropriate al genere è stato oggetto di studio di alcune ricerche finalizzate a verificare gli stereotipi legati ai ruoli professionali che gli uomini e le donne dovrebbero avere, in qualità del loro essere biologicamente maschio o femmine. 

Le credenze stereotipate, in questo caso, accentuando l’associazione tra determinate categorie professionali e il genere, influenzano le preferenze verso percorsi scolastico-professionali ritenuti più appropriati al genere maschile e/o femminile. 

Tutto ciò consente di spiegare, il perdurare del fenomeno della segregazione formativa e professionale di genere, che tende a considerare esclusivamente opzioni professionali connesse alla “tipizzazione di genere”, riducendo la gamma delle opzioni potenzialmente considerabili, influenzando gli studenti e le studentesse, nella progettazione del proprio futuro professionale.

La tematica è in grado di sollecitare, dunque, una riflessione più ampiasulla progettazione delle attività scolastiche curricolari e sulle modalità organizzative, con cui la scuola potrebbe rispondere periodicamente a tali bias. Favorire un legame delle nuove acquisizioni trasversalmente alle conoscenze pregresse appare particolarmente importante, in quanto la “transizione” e ancor più lo spostamento verso livelli scolari più alti richiede un riposizionamento rispetto ad alcuni contenuti disciplinari, ancor prima rispetto a schemi interpretativi della realtà̀, ad abitudini linguistiche sperimentate con qualche successo nelle interazioni comunicative precedenti e soprattutto rispetto a modalità̀ operative (risolutive) in compiti di tipo applicativo, la scelta appunto, sempre più̀ di crescente complessità̀.

La centralità̀ di questo “momento di scelta”, rispetto alla possibilità̀ di pianificare interventi per il soggetto che tengano in considerazione variabili soggettive indispensabili per la costruzione di una carriera, potrebbe trovare supporto in un servizio di orientamento scolastico che incrementi un approccio più̀ consapevole negli studenti e nelle studentesse.