In politica, in una fase di necessario cambiamento come quella attuale, la cosa peggiore che ti possa accadere è essere invitato, come ospite, ad un tavolo già imbandito, dunque non certo nuovo.
In politica è come nella vita: gli estranei si accolgono con garbo ed eleganza e li si collocano al posto che è stato stabilito per loro; gli amici, invece, partecipano a preparare la tavola e ognuno fa di tutto per stare bene insieme.
In tanti anni di politica sono stato invitato a tanti tavoli, alcuni molto ben imbanditi, ai quali ho saputo dignitosamente resistere. Altri erano tavoli più semplici, meno elaborati, altri ancora non erano neanche tavoli, ma veri e propri strapuntini.
Adesso, però, le cose sono profondamente diverse, non ho più, il dovere della cortesia, soprattutto se deve necessariamente essere ipocrita, perché la situazione obbliga a tenere un atteggiamento capito, anche se, forse bisognerebbe essere meno formale.
Oggi mi entusiasma soltanto partecipare, insieme a tanti altri, alla preparazione di un convivio in cui nessuno si senta ospite e tutti siano amici, in cui tutti insieme si stabilisca non solo il menù ma anche gli invitati, in modo tale che non vi sia la necessità di fingere o, peggio, di mentire.
Oggi la politica deve recuperare i valori della chiarezza, della nitidezza degli obiettivi e invece se ne allontana sempre di più, lasciando allontanare i cittadini che, come accade anche a me, non hanno più voglia di essere considerati ospiti più o meno graditi di una tavola di cui non si conoscono gli altri, né il menù.