Ieri mattina, in fila davanti ad uno sportello bancario, ho sentito una persona, apparentemente un barista, fare il seguente ragionamento, che traduco fedelmente. “Sono veramente stanco di gente che si lamenta della propria amministrazione comunale, ma getta cartacce per strada, di chi se la prende con l’Europa, ma si guarda bene dal frequentarne le istituzioni di cui fa pare, di chi protesta per il basso prezzo delle arance, ma non riesce a consorziarsi per realizzare economie di scala.
Sono veramente stanco di chi si lamenta perché non ha un lavoro, ma non fa niente per impararlo e di chi, pur avendolo, lo esercita in nero per ottenere altri benefici ed evadere le tasse.
Per quanto tempo ancora, questa gente pensa che persone come me siano disposte a pagare per tutti?” Il ragionamento non fa una grinza, ma non può fermarsi lì, deve realizzare qualche ulteriore passaggio!
Innanzitutto bisogna passare dall’analisi alla diagnosi e poi bisogna passare dalla diagnosi alla terapia, altrimenti stiamo soltanto facendo chiacchiere.
In politica l’analisi e la diagnosi sono note da tempo, ma si stenta a somministrare la terapia, che è fatta di impegno, di partecipazione, di preparazione.
Il lamento sterile può servire a farci sfogare, ma non risolve i problemi che dobbiamo superare, ecco perché non può rappresentare un metodo, né può essere considerata una pratica risolutiva.