L’altra faccia del diritto all’eutanasia è il dovere, a certe condizioni, di praticarla, cioè il dovere di porre fine a una vita, cioè di uccidere; così come l’altra faccia del diritto di abortire è il diritto di lasciar vivere, ma anche il dovere, a certe condizioni, di impedirlo.
Pensiamo, per un attimo, che a staccare la spina di un’altra persona potremmo essere noi. Come ci sentiremmo? E come ci sentiremmo se non lo facessimo?
Vorrei che si pensasse a ciascun diritto come l’altra faccia di un dovere, a cui qualcuno deve adempiere, e che si tenesse conto sempre, pariteticamente, dell’uno e dell’altro dei soggetti in causa.
L’eutanasia, l’aborto, il testamento biologico, ecc. non possono essere affrontati come una gara a braccio di ferro ma devono essere disciplinati, per evitare che divengano altrettanti ambiti di azione della criminalità organizzata.
Gli aspetti etici e materiali che questi temi si portano dietro non sono affatto secondari, poiché hanno risolti di varia natura.
Per questa ragione, argomenti così delicati hanno bisogno di leggi adeguate, di buonsenso, competenza, equilibrio, riflessione, confronto, insomma, hanno bisogno di tutto tranne che di gare. Mi auguro che il Parlamento ne tenga conto senza ulteriore indugio.
Perdere tempo in settori come questi può essere molto pericoloso poiché si rischia di scatenare il “fai da te” e questo rappresenta l’inverso di ciò che dovrebbe accadere.