Nei giorni scorsi, l’Italia ha ottenuto l’autorizzazione ad indebitarsi per circa 209 miliardi al fine di far fronte all’emergenza legata al Coronavirus e consentire una pronta ripresa dell’economia oltre che il potenziamento della rete sanitaria di prevenzione e cura.
Lo strumento tecnico utilizzato si chiama recovery fund ed è stato deliberato dai capi di stato e di governo di tutti i paesi dell’Unione Europea, dopo diverse settimane di negoziato, che i alcuni momenti ha toccato livelli di particolare durezza e difficoltà.
È una buona notizia, ma ricordiamoci che stiamo pur sempre parlando di un debito che si somma agli oltre 2.500 miliardi di euro di debiti già contratti in passato, pari a circa il 140% del PIL (la Germania è al 76%, la Francia al 99%, la Spagna al 98,5%).
Grazie a questa decisione l’Italia ha ottenuto l’autorizzazione ad indebitarsi per una cifra assai consistente, ma questa circostanza può costituire un’occasione importante da sfruttare per ridare respiro all’intero paese, che da anni presenta una situazione di imbarazzante stallo.
Utilizzare bene questa somma può voler dire rilanciare l’economia, le infrastrutture, il lavoro, i servizi ma anche la giustizia e la burocrazia. Utilizzarla male può voler dire trovarci a dover restituire il dovuto senza riuscire a incassare le risorse necessarie per poterlo fare.
Non riuscire a sfruttare bene questa opportunità potrebbe portare il paese in una condizione addirittura peggiore di quella in cui si trovò la Grecia appena qualche anno addietro, imponendoci il drastico taglio di servizi essenziali ed un pesantissimo carico fiscale, ben maggiore di quello attuale, che paralizzerebbe i consumi e l’economia in generale.
C’è un solo modo per impedire che un’opportunità importante come questa possa essere sprecata: intervenire sul sistema della giustizia e della burocrazia, varare un piano perequativo di opere pubbliche per il Sud e la Sicilia, sostenere l’apparato produttivo, a partire dal pagamento dei debiti della pubblica amministrazione e dalla riduzione del costo del lavoro.
In altri termini, bisogna immettere liquidità nei settori trainanti che determinano un incremento significativo del Prodotto Interno Lordo, colmando e riequilibrando la differenza tra questo ed il debito pubblico.
Di esempi concreti se ne possono fare tanti, dal ponte sullo stretto di Messina all’alta velocità ferroviaria, dal completamento della rete autostradale alla cosiddetta Nord/Sud, dal sostegno all’agricoltura tipica all’aiuto all’informatizzazione delle piccole e medie imprese ovvero delle imprese artigianali, dal potenziamento della ricerca applicata alle attività produttive all’internazionalizzazione dei poli universitari siciliani, e tanto altro ancora, magari guardando sempre di più ad una Sicilia al centro del sistema euro-mediterraneo.
Il primo passo da compiere, però, è dimostrare e far comprendere bene ai possibili investitori, nazionali ed esteri, che il nostro sistema giudiziario e burocratico funzionino bene, non rallentino i processi di sviluppo, non demotivino la realizzazione delle opere pubbliche da realizzare.
Investire al Sud ed in Sicilia non vuol dire soltanto migliorare la qualità della vita in queste aree, notoriamente tradite da una politica ottusa e miope, ma migliorarla in tutto il paese, permettendogli di crescere rapidamente ed in maniera armonica.
La forza di una catena, anche la più resistente, la misura il suo anello più debole, dunque è su quello che bisogna agire, rafforzandolo, perché è rafforzando l’anello più debole che si rafforza l’intera catena.
Per uscire da ogni metafora: un paese è forte quando lo è uniformemente in ogni sua parte. Oggi l’Italia è fortemente sbilanciata, per ripartire bisogna riequilibrarne le condizioni riscrivendone le regole e bilanciandone il livello infrastrutturale e dei servizi.
Se le somme del recovery fund saranno utilizzate in questa direzione il PIL effettuerà un virtuoso balzo in avanti, i livelli occupazionali cresceranno, diminuirà il debito pubblico e migliorerà la qualità della vita in tutto il paese. In caso contrario prepariamoci a vendere i gioielli di famiglia.