Prima che la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo guasti le nostre capacità raziocinanti, vorrei smascherare una delle più frequenti tecniche di ricerca del consenso in uso nel “Belpaese”, ma vorrei pure raccontare i miei tre “rapporti” con l’Unione Europea e con le sue strutture serventi.
Cominciamo con il primo argomento: la notissima tecnica dello scaricabarile, da sempre praticata dal peggior “politicume” che sia mai circolato in Italia, quando non si hanno argomenti e competenze in grado di affrontare e risolvere i vari problemi.
In questo caso, pur di catturare gli ingenui consensi degli elettori, si promettono mari e monti, si fa il muso duro a chi si permette di sostenere che quelle promesse siano assolutamente prive di fondamento e poi, dopo aver finto di battersi per la loro piena realizzazione, si cerca un nemico sul quale scaricare la colpa del mancato raggiungimento dell’obiettivo.
È una vecchia tecnica, dicevo, all’ARS, ad esempio, di solito, il nemico era il Commissario dello Stato, che talvolta lo era veramente, ma non sempre. Al Parlamento nazionale è la Ragioneria Generale dello Stato o l’Ufficio del Bilancio.
In realtà, il nemico, nella maggior parte dei casi, è soltanto una prospettazione retorica, ben nota ai suoi autori.
In vista delle elezioni europee, il facile nemico a cui attribuire ogni colpa non può che essere l’Europa con i suoi burocrati, le sue regole, i suoi sprechi, ecc.
Ecco: non è che io sia un fanatico dell’attuale Europa, anzi, la considero molto lontana da quella sognata da Mazzini, da Cattaneo, da Spinelli o da Martino, ai cui testi mi sono formato, i quali pensavano ad un’unione di popoli, non di multinazionali e di banchieri, tuttavia non mi piace che i miei connazionali passino per capre, a causa delle fandonie messe in circolazione da certi ignoranti che li governano.
Intendo dire che è facile promettere il taglio delle tasse ed il reddito di cittadinanza, attraverso un ulteriore aumento del debito pubblico e attribuirne la mancata realizzazione al nemico Europa.
È facile che ciò accada, soprattutto in campagna elettorale, ma non è vero, perché le regole in materia finanziaria sono state scritte anche dall’Italia, che dunque non si può stupire di un bel niente!
L’Europa che stabilisce la lunghezza del gambo dei carciofi o che consente di chiamare miele anche la melassa non mi piace, ma non mi piacciono neanche i furbetti del sovranismo di comodo che stanno gettando il Paese nel baratro.
E veniamo alla seconda parte della mia premessa: i “rapporti” che ho avuto personalmente con l’Unione Europea. Sono stati tre: per ottenere l’autorizzazione del regime di aiuti destinato all’allevamento di struzzi; per ottenere l’autorizzazione del “fermo biologico” nel settore della pesca; per ottenere l’autorizzazione delle disposizioni contenute nella legge regionale 32/2000, anch’essa riguardante il regime di aiuti alle imprese di vari settori.
Nel primo caso, l’Europa dei lupi, in quel caso guidata dalla Francia, con la collaborazione dell’Europa delle volpi, rappresentata dalla potente burocrazia di Bruxelles, tentò di “fregare” l’ovina rappresentanza diplomatica italiana, sostenendo che gli struzzi sarebbero polli più grandi e pertanto, essendo questi ultimi una specie eccedentaria, per loro non poteva essere autorizzato alcun regime di aiuti.
Senza mostrare alcun nervosismo, dopo aver compreso che l’argomentazione opposta dagli euroburocrati, nascondeva l’ostilità francese, prima produttrice di carne di struzzo, mostrai una corposa documentazione scientifica, che sosteneva la validità della richiesta che la Sicilia aveva avanzato.
Tuttavia, a dirimere la questione e consentirmi di ottenere l’autorizzazione, non fu il parere degli scienziati, ma la minaccia che io tenessi una conferenza stampa per spiegare al mondo che, secondo l’Europa dei burocrati, poiché gli struzzi erano polli più grandi, i gatti erano leoni più piccoli.
A Bruxelles capirono subito sia la mia determinazione sia le loro incommentabili argomentazioni e ritennero opportuno autorizzare ed evitare che tenessi quella conferenza stampa.
Un episodio analogo accadde con il “fermo biologico”, il cui nulla osta non arrivava a causa della presunta violazione del principio di leale concorrenza tra pescherecci oceanici, di oltre 100 tonnellate, e pescherecci siciliani che, a quel tempo, nel 97% del casi, non superavano le 20 tonnellate.
Dimostrai l’inconsistenza dell’assurdo paragone producendo alcune decine di fotografie dei porti della nostra regione e, anche in quel caso, feci in modo che capissero l’errore in cui erano caduti, dietro il quale, però, non si nascondeva solo l’ignoranza, ma anche gli interessi delle multinazionali del pesce.
L’ultimo “rapporto” lo ebbi durante la presenza in Commissione di Mario Monti che, dopo averci cordialmente salutato e augurato buon lavoro, affidò la trattazione della legge 32/2000 ad un suo collaboratore, il quale non conosceva le prerogative statutarie della Sicilia e pensava che il nostro lavoro fosse tutto da cestinare.
Anche in questo caso, dopo aver minacciato di rendere di dominio pubblico quella grave lacuna, ottenni la prevista autorizzazione che, giusto per ricordarlo a chi ha memoria corta, consentì alla nostra regione di spendere per intero i fondi comunitari del periodo 1999/2006 e di ottenere persino la prevista quota premiale, per un totale di circa 24 mila miliardi di vecchie lire.
Insomma: il lupo e la volpe ti sbranano solo se sei capra! Intelligenti pauca.