Affrontare il tema che abbiamo posto al centro della riflessione di questa settimana non è facile; per questo è necessario costruire insieme un minimo di struttura giuridico/identitaria di riferimento, che ci aiuti a pervenire alla elaborazione di una tesi in grado di rappresentare un elemento di stimolo per la classe politica regionale, nazionale ed europea: ma andiamo al dunque!
L’art. 2 della Costituzione italiana riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. L’art. 3 aggiunge che i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali, precisando che spetta alla Repubblica rimuovere gli ostacoli al perseguimento di tale obiettivo.
L’art. 6 della nostra “Legge fondamentale” afferma che la Repubblica tutela, con apposite norme, le minoranze linguistiche; mentre l’art. 117 stabilisce quali sono le competenze delle Regioni e, tra queste, annovera la rimozione degli ostacoli che si frappongono alla piena realizzazione del principio di parità fra i cittadini.
Questa lunga, spero non noiosa, premessa si rende necessaria per arrivare ad una domanda: possiamo sinceramente affermare che i principi enunciati nella Carta costituzionale siano pienamente applicati in Sicilia ai residenti nelle cosiddette “Isole minori” ed agli appartenenti alle “minoranze linguistiche”, almeno a quelle storiche: albanesi e gallo-italiche? La risposta, purtroppo, è no!
Questo, nonostante l’art. 1 dello Statuto siciliano faccia espresso riferimento alle Isole Eolie, Egadi, Pelagie, Ustica e Pantelleia e nonostante nella Regione siano presenti, come già detto, almeno due minoranze linguistiche: quella albanese e quella gallo-italica.
Per i cittadini residenti nelle “Isole minori” o appartenenti a “minoranze linguistiche”, (lasciamo perdere, per il momento, quelle religiose o quelle etniche di più recente insediamento, sempre più numerose) i dettati costituzionali, enunciati in premessa, non valgono o sono di molto attenuati nella loro materiale applicazione.
I motivi risiedono nella mancata o insufficiente adozione, da parte dell’Assemblea Regionale Siciliana, di apposite “leggi quadro” capaci di ridurre gli elementi di svantaggio con i quali si scontrano i cittadini in questione, mettendoli nelle ingiuste condizioni di non essere, né di sentirsi, cittadini come gli altri!
In realtà, tentativi di perequazione o di tutela linguistico-culturale ne sono stati fatti parecchi, attraverso la presentazione, nel tempo, di numerosi disegni di legge ma, purtroppo, non è stato mai varato nulla di realmente organico ed efficace!
In queste condizioni, i diritti essenziali, sanciti dalla Costituzione, per i soggetti in questione, rappresentano mere enunciazioni di principio, prive di effetti concreti, nonostante, sin dal 1999, almeno per i cittadini appartenenti a minoranze linguistiche, esista una “legge quadro” nazionale, che attribuisce alle Regioni specifiche competenze in materia.
Non sarebbe male se, ogni tanto, gli ospiti dell’autorevole Sala d’Ercole facessero qualcosa in più della solita ordinaria amministrazione o delle solite “leggi mancia”, magari pensando al rispetto dei diritti di tutti!
Sì, è vero, gli abitanti delle isole Eolie, delle Egadi, delle Pelagie, di Ustica, di Pantellerie, di Piana degli Albanesi, di Contessa Entellina, di Piazza Armerina, di Randazzo, di Biancavilla, di San Michele di Ganzaria e di qualche altro Comune non sono tantissimi, ma essi votato come gli altri e pertanto, come gli altri, godono (per il momento solo sulla carta, dato che non possono usufruirne) degli stessi diritti di tutti i siciliani. Per questo è necessario porre rimedio al problema, che ha evidenti risvolti economici!
Per essere sinceri, qualcosa, sul piano nazionale, pare si stia muovendo, dato che è sorto un Coordinamento delle isole italiane, simile a quelli istituiti in passato in alcuni specifici settori, ma si può fare di più e meglio!
Per una volta, forse, l’autonomia siciliana potrebbe aiutare: basta volerlo!