Il governo nazionale, ancora una volta, schiaffeggia il popolo siciliano ed esclude il ponte dal piano delle opere pubbliche, nel quale rimangono beffardamente le stesse infrastrutture previste e non realizzate da oltre un decennio.

E il governo regionale cosa fa? Citando il grande Fabrizio De André: “si costerna, si indigna, si impegna, poi getta la spugna con gran dignità”. Se ci fosse stato un partito siciliano, con una classe dirigente pronta a rispondere ai siciliani e non ai potentati nazionali, nessun governo si sarebbe mai permesso di trattarci in questa maniera.

Senza infrastrutture non è possibile progettare alcun modello di sviluppo, senza infrastrutture non potrà crescere il turismo, non potranno svilupparsi gli scambi commerciali, ma soprattutto non si potrà mai realizzare l’hub mediterraneo che, da tempo, è allo studio delle più grosse società di trasporto aereo e navale del mondo.

La mancata infrastrutturazione dell’Isola e l’eliminazione del ponte dalle priorità nazionali condannerà l’intero paese alla marginalità economica ma premierà, ancora una volta, le regioni settentrionali e nord europee, che continueranno a crescere a discapito delle aree meridionali.

Qualche sconsiderato a cinque stelle sostiene che il ponte servirebbe soltanto a ridurre di qualche decina di minuti i tempi di attraversamento dello stretto di Messina. Ebbene, qualcuno spieghi a costui, o a costoro, che il ponte riunisce la Sicilia al resto del continente, ma soprattutto accorcia le tratte navali di sei, sette, otto giorni per ogni viaggio dall’Oriente o dal Medio Oriente all’Europa.

Qualcuno spieghi a simili ignoranti che trasformare la Sicilia in una grande piattaforma commerciale significa pure farla divenire una grande piattaforma sanitaria, universitaria, produttiva, di lavorazione delle materie prime e dei prodotti agricoli, ittici ed agroalimentari, trattenendo nell’isola ampie fette di valore aggiunto, che in questo momento volano via verso altre destinazioni.

Qualcuno spieghi a questi economisti della domenica che l’infrastrutturazione della nostra regione, a partire proprio dal ponte, vuol dire lavoro per centinaia di migliaia di giovani che non hanno nessuna voglia di emigrare, né di vivere di assistenzialismo.