In Sicilia è ancora in uso una vecchia tradizione che si tramanda di generazione in generazione. Si tratta della famosa “cunzata do’ lettu”, che fa il paio con un’altra tradizione, un po’ meno ricorrente, vale a dire l’esposizione “do’ linzolu macchiatu”, il giorno successivo alla prima notte di nozze.
Certo, si tratta di antiche tradizioni che solo apparentemente sono patriarcali, poiché, in realtà, la loro origine è matriarcale, in quanto erano proprio le madri delle spose, ma anche quelle degli sposi che organizzavano le varie operazioni e ci temevamo moltissimo che fosse “tuttu a reula”, sia per il letto e le lenzuola, sia per coloro i quali li avrebbero o li avevano utilizzati proficuamente, per la prima volta nella loro vita illibata.
V’u ‘ mmaginati oggi tutti ssi traffichi? Oggi si va ‘a spiccia e cetti cosi si fanu prima. ‘Na vota c’era ‘a fuiuta, oggi mancu chissu, tranne ca mancunu i soddi.
I tempi canciunu, i masculi e i fimmini ora sunu alla pari, però, lassativillu diri: a cunzatu do’ lettu si fa ancora, a facci da’ modernità e do’ progressu! L’occhiu sociali s’ava salvari. Tanti ‘u sanu tutti ca i ficu s’ana fattu prima. Ma chi ci vuliti fari: si sapi ma non si dici!
Ma veniamo ai fatti. Qualche giorno prima del matrimonio i parenti e gli amici della sposa si recano nella futura casa coniugale e, mentre gli uomini tengono compagnia ai prossimi sposi, alcune ragazze nubili e illibate (fossi) preparano il letto per il giorno del matrimonio, il tutto sotto gli occhi di mamma, suocera, zie, cugine ecc. anzamai avissuna fari qualche mala patti.
Le lenzuola utilizzate sono solitamente pregiate, sunu chiddi do’ corredu, chiddi arraccamati ca costunu ‘n saccu di soddi, c’ana essiri nisciuti do casciabbancu allura allura. S’a sentiri ancora u’ ciauru da’ naftalina!
Prima di stendere coperte e copriletto, anticamente si era soliti inserire, per buon auspicio agli sposi, soldi, riso, amuleti di varia natura.
Le ragazze scelte per la cerimonia, di solito, indossavano e indossano ancora dei grembiuli bianchi, simbolo della donna di casa dedita alle faccende e della sua illibatezza. Le lenzuola e le coperte dovevano essere anch’esse tassativamente di colore bianco candido.
Negli ultimi tempi ci si sbizzarrisce con scherzi di varia natura. A un caro amico e collega, ad esempio, io e alcuni altri buontemponi, riempimmo il letto di zucchero e le pantofole di dentifricio.
Infine, è quasi d’obbligo l’utilizzo dei confetti, solitamente impiegati per creare cuori e iniziali degli sposi sul letto e sui comodini. All’amicu miu ci ficiumu attruvari presevvativi, ca sunu chiù nicissari!
E’ di fondamentale importanza, inoltre, che durante ‘a cunzata do’ lettu gli sposi non entrino in camera, poiché dovranno ammirare il tutto solo dopo le nozze. Viri chi bella sorpresa…
L’alcova così composta non necessitava e non necessita di ulteriori accorgimenti per nascondere il letto, fatta eccezione per una tenda, che lo separava dal resto della camera. L’intimità in questo modo diventava più evidente e la camera da letto si sdoppiava, riservando la zona più appartata agli sposi.
Tuttavia il letto degli sposi era anche un luogo pubblico, dato che dopo la nascita dei figli potesse rappresentare una sorta di palcoscenico sul quale esibire la prole.
Prima di concludere questo breve racconto bisogna tornare all’esposizione del lenzuolo macchiato, che aveva il senso di dimostrare che il matrimonio era stato regolarmente consumato e che lei era illibata e purissima: ca comu! Iù canusciu a cettuni ca prima di maritarisi su ficiuru cusiri e autri ca macchianu u’ linzolu cu’ sangu di crastu. Non sacciu su mi spiegu: di crastu! E i mariti ammuccunu: puvureddi, chi ni sanu iddi? I soggiri sunu diaboliche…
D’altra parte, a Catania si conzunu e si sconzunu tanti cosi. Si conta e si sconza ‘a tavula, si conna e si sconza u’ matrimonio, si conza e si sconza u’ lettu e si conzunu e si sconzunu macari i famigghi. Chi ci vulemu fari, nuautri semu fatti accussi.