Non so se la canzone di Simone Cristicchi vincerà o meno il Festival di Sanremo, che ha già vinto alcuni anni addietro, so però che quel brano è un capolavoro, che iscrive di diritto il suo autore nell’Olimpo dei migliori cantautori italiani di sempre.
Leggo di non essere il solo a pensarla così, tuttavia non mancano i professionisti del disfattismo, i soliti radical chic, i soliti snob, quelli che non capiscono quale sia la differenza tra la poesia di Leopardi e la prosa di Manzoni o tra il pop ed il rock, salvo che non abbiano già preso visione dell’ordine di servizio trasmesso per l’occasione dal solito “club dei politicamente corretti”.
C’è addirittura chi pensa che Cristicchi abbia fatto un’operazione commerciale che ammicca nei confronti di un pubblico che, purtroppo, conosce in prima persona il significato del problema sollevato e che colpisce milioni di anziani.
È vero, l’invidia sociale ed il “sospettismo” non risparmiano nessun settore della nostra decadente società, soprattutto quella mediatica, che proclama la libertà nello stesso momento in cui la nega, a partire dal linguaggio utilizzato.
Non so se Cristicchi vincerà Sanremo perché questa manifestazione, che rappresenta in pieno la società italiana e che, nel bene e nel male, ne esprime le tendenze, non solo musicali, ma anche economiche, culturali, stilistiche, ecc. comprese quelle di chi non l’apprezza, è regolata da giudizi molto articolati e complessi.
Cristicchi, però, ha comunque dimostrato che quelli con la puzza sotto il naso sono, sempre di più, una netta, ma vuota, minoranza, ricca solo di luoghi comuni, invidia e, sì lo dico: snobismo.
Che ci volete fare, continuo ad essere anomalo, credo nei buoni sentimenti, credo che le persone perbene siano di più delle altre, credo che l’invidia sia un sentimento negativo, non un arma di convinzione di massa e per esprimermi non attendo l’ordine di servizio dei “centri di orientamento main stream”.
D’altra parte io sono cresciuto con Gaber, con De Andrè, con Bennato, ma anche con Battisti, con Endrigo, con i Nomadi, con Bindi, con Modugno, dunque non mi stupisco se vedo tutti “in fila per tre” a chiedersi “morettianamente”, se si nota di più “la loro assenza o la loro distratta presenza”.
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