“Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità,e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi.
E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre. Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo.”
Quanto mi sarebbe piaciuto essere stato io l’autore di questo “ritratto di umanità” descritto dal personaggio di Don Mariano, il capomafia del paese, durante una conversazione con il personaggio del capitano Bellodi, ne “Il giorno della Civetta”.
Invece lo ha scritto Leonardo Sciascia, di cui, oggi più che mai, si sente la mancanza, anche a causa del crescente aumento dei gestori di problemi, che si guardano bene dal risolverli mentre preferiscono specularci sopra.
Chissà cosa avrebbe detto lui del linguaggio politicamente corretto, o delle scimmie che hanno cinto d’assedio gran parte delle istituzioni italiane?
Invece io non sono Sciascia e quindi mi limito a citarlo, ricordando la grandiosità e la lungimiranza del suo pensiero, che bisogna ricordare sempre.
E fai beni, caru miu. Fai beni a riurdarlu. Oggi sti cosi non ci l’avissuna fattu scriviri. Fiuramini c’avissuna dittu a propositu di piglianinculo o di quaquaraqua. S’avissuna scatinatu chiddi ca cummattunu ch’e desinenzi, le comunità LBGT, l’animalisti e u’ poviru Sciascia non l’avissuna fattu mancu parrari.
E invece il grandissimo maestro di Racalmuto non aveva di sicuro intenzione di offendere nessuno, a causa delle abitudini sessuali.
Quando diceva pigliainculo non intendeva di certo riferirsi ai gay, che da buon radicale rispettava tantissimo, ma a quanti sono pronti a “calarsi le braghe”, a vendersi, a rinunziare alle proprie idee, pur di ottenere quanto desiderato, infatti, dice sempre Leonardo Sciascia, “vanno diventando un esercito” e non hava vistu chiddu ca sta succirennu oggi…
E quando parlava di quaquaraqua non voleva di certo denigrare le povere oche, bensì coloro i quali parlano a vanvera, come ce ne sono tantissimi, a cominciare dai social, che imperversano con e senza bufale.
Havi ragiuni Sciascia: l’omini veri sunu picca e diventunu sempri chiù spissu menzi omini, ca stanu aumintannu. Si ‘i stissi cosi l’avissa rittu parrannu in italianu, a st’ura, non si l’avissa riurdatu nuddu, inveci in sicilianu s’u rivordunu tutti.
A scuola, ormai, alla letteratura di Sciascia non ci si arriva, i programmi n’è finisci nuddu, e invece bisognerebbe fare di tutto per studiare questo grande scrittore siciliano e non solo per quello straordinario affresco che è “Il giorno della Civetta”, ma anche per le altre sue opere non di minore importanza come: “Il consiglio d’Egitto”, “A ciascuno il suo”, “Todo modo”, ecc.
Leggere Sciascia non serve soltanto a comprendere la Sicilia ed i siciliani, serve soprattutto a comprendere l’essere umano, la sua natura, i suoi vizi, le sue virtù, oltre a conoscere la società le sue regole e le sue devianze singole e collettive.
Per comprendere l’importanza del pensiero di Sciascia basti pensare che a stabilire le regole del vivere comune sono proprio gli uomini, i mezz’uomini, gli omininicchi, i pigliainculo e i quaqquaraqua, ai quali Sciascia faceva riferimento e che non sono extraterrestri, giunti sulla terra per imporci le loro disposizioni, giuste o sbagliate che siano.
Veru è! Amici mei, è ‘nutili ca na pigghiamu cu’ l’autri, è ‘nutili ca pinsamu che nuautri non sbagghiamu mai, picchi, o vuliri o vulari, a cuppa è da nostra e l’ama capiri: sulu u’ Signuri non sbagghia mai!
