Liggiti, liggiti, ca a Catania succeri macari chistu. Quella che racconterò di seguito, infatti, non costituisce la descrizione storica, più o meno ironica, di un monumento, di una strada, di un personaggio specifico, ma quanto mi ha raccontato una cara amica che, per alcuni anni, ha retto con grande professionalità l’ufficio carte d’identità del Comune di Catania.
Si tratta di un luogo dove ormai non ci sono più gli scrivani che aiutano gli utenti a compilare un modulo, dove non ci sono i testimoni di professione, come c’erano un tempo, ma dove ci sono degli impiegati che non rinunziano a compiere gesti che definire autoreferenziali è poco, mentre potrebbe essere esagerato, ma non troppo, considerarli veri e propri delinquentelli pronti a compiere reati come quello di usurpazione di titolo.
La persona in questione mi confessò che un giorno scoprì, quasi per caso, che un suo “collega”, che chiamerò per discrezione Casimiro Fisichella, si era fatto fare un timbro in cui era scritto Arch. Casimiro Fisichella – Ufficiale di Stato Civile, nonostante non fosse affatto architetto, come era facile presumere.
“Quando glielo feci notare”, mi rivelò la mia amica, “mi disse che arch. non stava ad indicare il titolo di architetto, bensì la qualifica di archivista. In ogni caso feci sparire quel timbro e gli intimai di non farlo mai più riapparire.”
Ca cettu, s’ava pigghiatu a laurea all’università do’ bullu! Picchì, quannu posteggiamu a machina non semu tutti dutturi? Non è ca ama essiri troppu precisi. Quannu uno è troppu precisu è lisciu e antipaticu. ‘Nta vita ama essiri pacinziusi.
Il catanese medio di pazienza ne ha parecchia, ma questo non vuol dire che ami farsi prendere per i fondelli, cosa che lo fa irritare parecchio.
Ad ogni modo, decisi di capire meglio la situazione. Per questa ragione andai a trovare un mio vecchio compagno di sport, che aveva un negozio di timbri e targhe in via Vincenzo Giuffrida e gli chiesi di farmi sapere se fosse a conoscenza di altri esempi come quelli dell’Arch. (ivista) dell’ anagrafe.
“Me ne capitano spesso”, mi disse, “ma pur essendo consapevole della reale situazione, fingo di non capire. I Dott. sono quelli più frequenti, sapessi quanti ne ho visti, ma ci sono pure gli Avv., gli Ing. i Comm. e persino gli On.”
Ca cettu ca ci sunu. I Dott. sunu i “dotti”, chiddi comu a Don Procopiu u’ ballacchieri, gli Avv. sunu gli “avvisaturi”, ca ti chiamunu quannnu è u’ to’ turnu a’ posta, i Comm. sunu i “commessi”, ca travagghiunu ‘nte magazzini, e gli On. sunu gli “onorati”, onorati di canusciri a chistu e a chiddu. Chi ci vulissumu diri?
All’elenco, come si sarà notato, manca Ing. un titolo anch’esso molto usurpato. Manca perché a questa importante professione desidero dedicare qualche rigo in più, vedrete che se lo merita.
A Catania, infatti, un tale che realizzo la meridiana di via Nuovalucello e che amava definirsi Ing. fu processato per usurpazione di titolo, ma fu assolto, perché riuscì a dimostrare che Ing. stava per “ingegnoso” e lui ingegnoso lo era davvero.
In città, però, gl’Ingegneri erano altri, il primo, che la professione non l’ha mai svolta sul serio, ma che ha fatto parecchio in politica ed il secondo di cui abbiamo già detto qualcosa.
L’ingegnere per antonomasia era l’on. Nino Drago, più volte sindaco della città, deputato e sottosegretario, mentre dell’ing. Giuseppe Mignemi, ci siamo già occuparti in altra parte del testo, per via della sua strana abitudine di passeggiare lungo la via Etnea, con un megafono in mano, attraverso il quale lanciava invettive contro l’amministrazione comunale.
Magari aveva ragione, ma con quel suo modo bizzarro di comunicare forniva il miglior alibi ai suoi avversari probabilmente colpevoli davvero, come dimostrarono alcuni “polverosi” atti giudiziari.
L’aia rittu sempri, Catania è ‘na città curiusa e ‘na laurea non si neia a nuddu, comu non si neia a nuddu u’ titulu di Cavaleri: sì, Cavaleri de’ pira!