di Vito Pirrone


Il Tribunale di Firenze con ordinanza del 20 febbraio 2023, chiede alla Corte Costituzionale di introdurre nell’ordinamento italiano, nei procedimenti colposi, la possibilita’ per il giudice di astenersi di condannare l’imputato allorche’ questi abbia gia’ patito – per il fatto di avere cagionato la morte di un congiunto – una sofferenza proporzionata alla gravita’ del reato commesso. Si tratterebbe di dare rilevanza ad uno dei casi piu’ importanti, forse il piu’ rilevante, di poena naturalis, dovendosi intendere con tale espressione il male – che l’agente subisce per la sua stessa condotta illecita. Sono cioe’ ipotesi in cui l’autore del reato e’ anch’egli vittima – direttamente o indirettamente – del reato stesso. Attualmente l’ordinamento italiano non contempla alcuna possibile rilevanza della pena naturale se non nei limiti generali del possibile riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche o nell’ambito della commisurazione giudiziale della pena. Con decisione n.48 del 25 marzo 2024 la Corte Costituzionale affronta per la prima volta sul piano giurisprusenziale la questione della c.d. pena naturale. L’espressione sta ad indicare, nell’ambito della responsabilita per delitto colposo, la situazione che si prospetta, quando il colpevole ha subito conseguenze dalla propria condotta “talmente gravi che l’applicazione di una pena sarebbe manifestatamente priva di scopo”. La Corte sottolinea che basta modificare, anche di poco i termini dell’accadimento per rendersi conto che la soluzione tende a farsi dubbia e problematica. Cosi’ se il padre dell’esempio avesse provocato la morte del figlioletto trasportandolo senza il prescritto sedile di sicurezza e guidando a velocita’ spericolata, a parita’ di sofferenza subita dall reo per l’ evento cagionato, si esiterebbe alquanto a parificare le due vicende. Nella seconda ipotesi si profilerebbe l’assunzione volontaria di un rischio illecito, una condotta intrinsecamente imprudente a prescindere del rapporto con la vittima e , in definitiva, un’istanza punitiva dipendente da ragioni di prevenzioni speciale , proprio perche’ l’agente non ha esitato a tenere comportamenti intrinsecamente imprudenti nonostante la funzione di ‘richiamo’ che avrebbe dovuto essere esercitata dal fatto di trasportare il proprio figlioletto.
L’intento sotteso alla causa di procedibilita’, di risparmiare al reo le sofferenze derivanti dal giudizio, del resto, si scontra con l’esigenza psichica prima ancora che giuridica dell’autore, in questi delicatissimi contesti, quali siano le sue reali responsabilita’ rispetto al fatto e se queste esistano.La pena naturale potra’ essere riconosciuta esclusivamente in relazione ai fatti che siano stati oggetto di pieno accertamento , ripudiandob ogni forma di indulgenzialismo o di rinuncia all’azione penale, che equivarrebbe alla negazione di ogni diritto , anzitutto dell’imputato, nella sua duplice veste di autore e di vittima.