Secondo Sabino Cassese, i partiti hanno perduto il ruolo costituzionale di cinghia di trasmissione che avevano in passato. Sono d’accordo.
I partiti non formano né selezionano più la classe dirigente, non fanno da tramite tra gli interessi e le aspettative dei cittadini e le reali possibilità di soddisfarle, si limitano a gestire potere spicciolo ed a rappresentare esclusivamente gli interessi che possono tornargli utili.
Al loro interno, come è possibile constare facilmente, sono tutt’altro che democratici, non hanno una visione globale della politica e per questo affrontano le questioni contingenti, senza preoccuparsi di quello che le singole misure che vengono adottate determineranno nel medio o nel lungo periodo.
Non stupiamoci se, così stando le cose, oltre il 50% degli elettori non va a votare. Accade perché l’offerta politica dei singoli partiti non li soddisfa, non li convince, non è sufficiente a permettere loro di avere fiducia sui programmi che vengono proposti.
Tuttavia la responsabilità non è solo dei partiti, è anche di chi ha deciso di non volersi occupare della vita pubblica e non partecipa alle dinamiche che conducono all’assunzione di responsabilità nelle scelte che devono essere compiute.
Molti di coloro i quali hanno deciso di stare lontano dalle stanze dei bottoni, e di non contribuire alla vita del Paese, della Regione o del Comune in cui vivono, pensano che il loro compito sia soltanto quello di lamentarsi o di protestare. In realtà non è così.
Le cose stanno, infatti, in maniera diversa, perché le decisioni non nascono dal nulla. Le decisioni devono nascere a seguito di un dialogo tra le parti, dunque devono essere frutto di confronto e partecipazione, altrimenti non si tratta affatto di decisioni democratiche, ma di pericolose imposizioni tutt’altro che democratiche.