Avrete sicuramente notato come le varianti del Covid non vengano più definite con il nome del Paese in cui sono state individuate per la prima volta, ma con le lettere dell’alfabeto greco seguite da un numero.
Pare che il motivo di questa scelta risieda nel fatto che indicandole con il nome del Paese in cui sono state scoperte lo si possa etichettare negativamente, arrecandogli un danno.
Sono scomparse, infatti, le definizioni variante inglese o variante brasiliana, ecc. e sono state introdotte denominazioni che si rifanno all’alfabeto greco: variante alpha, variante delta, ecc.
Si tratta di un ennesimo esempio di applicazione di quel linguaggio “politicamente corretto” che sta cambiando il modo di comunicare, talvolta sterilizzando il significato delle parole.
Tuttavia pare che la Grecia si sia profondamente offesa e per questo voglia impedire l’uso delle lettere del suo alfabeto, per evitare che qualcuno possa pensare che l’origine del virus sia ellenica e non cinese.
Qualcuno ha pensato che si potrebbero usare i numeri, ma gli arabi, che li hanno inventati, potrebbero considerarlo un modo per stigmatizzare la loro cultura islamica e allora sarebbero dolori per tutti, persino per i no vax, che, a loro volta, potrebbero sentirsi offesi se non li si dovesse definire “alternativi” o “dissenzienti”.
Considero ipocrita il linguaggio “politicamente corretto”, ritengo che sia un modo per alterare la realtà e per nascondere i problemi veri, con i quali ci confrontiamo ogni giorno, e che non risiedono affatto nella convenzione linguistica, come la definivano Aristotele o Democrito, ma nella lentezza evolutiva della società.
Una società non cambia se definisce “nero” e non “negro” una persona di colore, né cambia se si occupa di un “sordo” o di un “cieco” definendoli “non udente” o “non vedente”. Una società migliora se riesce davvero a rispettare le persone, tutte le persone, offrendogli le stesse opportunità e gli stessi servizi che offre a chiunque, com’è giusto che sia.