Nei mesi scorsi, ho avuto l’onore di partecipare alla prima delle tre giornate di lavori organizzate dal Centro Sudi Med.Mez di Enna, in occasione del centesimo anniversario della scomparsa di Napoleone Colajanni, medico, statistico, criminologo giornalista e soprattutto politico repubblicano e meridionalista di grande lungimiranza.
Pensate che fu eletto al Parlamento nazionale a furor di popola per ben dieci volte, anticipò di circa un secolo quella che sarebbe stata la riforma degli enti locali, che mise il comune al centro della vita democratica del Paese, così come anticipò l’allora l’inascoltata esigenza di introdurre il divorzio nella legislazione italiana.
Straordinaria, poi, fu la sua intuizione riguardante il forte nesso esistente tra il dilagare del fenomeno mafioso, la sfiducia nello stato da parte dei cittadini, i rapporti della mafia con l’economia speculativa del tempo e con la “mala politica” fondata sullo sfruttamento del bisogno e della miseria.
L’elevata competenza dei vari relatori ha reso il convegno davvero importante, quanto interessante, come dimostra la grande attenzione che gli ha dedicato il mondo dell’informazione.
D’altra parte Colajanni fu anche un brillante ed agguerrito giornalista, tanto libero da rendere impossibile qualsiasi tentativo di etichettatura.
Credo che conoscere i grandi siciliani debba essere un compito fondamentale della politica, esattamente come lo è il completamento della rete infrastrutturale dell’Isola, magari senza partecipare ad inaugurazioni autoreferenziali e miserabili come quella riguardante il treno “Frecciabianca”, che per la sua inadeguatezza è stato immediatamente ribattezzato “Freccia rotta”, ma anche “Feccia bianca” grazie a politici che pensano che Napoleone Colajanni sia soltanto il nome di una strada.