di Vito Pirrone
Il rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali edecosistemi” dell’ Ispra per il 2021 dimostra un aumento significativo delle superfici artificiali rispetto a quelle naturali. Dal rapporto emerge che le città italiane occupano una gran quantità di aree vedi sono state “espropriate” dal cemento, con gravi conseguenze per ildegrado del territorio. Nel 2021 asfalto e cemento hanno divorato 19 ettari di Italia al giorno.
La Sicilia è tra le regioni con maggior incremento della cementificazione tra il 2019 e il 2020.
L’incremento più ampio si registra proprio a Catania, che da sola, ha rilevato, lo scorso anno, un consumo di suolo pari a 34 ettari (quasi sei volte la Villa Bellini).
Dati che attestano come Catania sia la provincia più cementificata dell’Isola: sotto il Vulcano, ben 106 ettari di suolo, sono stati adibiti all’edilizia. Un quarto del totale isolano, addirittura più del doppio del consumo di suolo registrato a Palermo (+48,9 ettari) e oltre il triplo di quanto “cementificato”nel Messinese ( + 28,3 ettari).
In percentuale, rispetto alla superficie comunale, il titolo di “Città del cemento” è attribuito al comune di Gravina, ove risulta impermeabilizzato, al 31 dicembre 2020, il 50,3% del territorio. Seguono Sant’Agata li Battiati con il 47,1%, Aci Bonaccorsi con il 41,7%, San Giovanni la Punta con il 41,1%, Tremestieri e Mascalucia con il 37,4%, San Gregorio (34,5%), Aci Catena (32,5%), Aci Castello (32,3%), Aci Sant’Antonio (28,7%) e Catania appena fuori dalla top ten con 28,7% ettari di cemento.
Non va sottovalutato il rischio idrogeologico. Conseguenza anche delle profonde trasformazioni antropiche che si sono susseguite a partire dagli anni Sessanta.
I geologi evidenziano come «le problematiche connesse al rischio idraulico assumono sempre più importanza in corrispondenza dei centri abitati, in quanto, a seguito dell’elevato impatto degli interventi di natura antropica, le superfici edificate sono impermeabili, le poche aree a verde presenti fungono da verde ornamentale e l’infiltrazione delle acque piovane nel terreno è praticamente nulla, favorendo l’innesco di processi di erosione concentrata e di alluvionamenti in occasione di piogge prolungate.
“La mano dell’uomo ha spesso avuto un ruolo predominante su alcune scelte errate dello sviluppo urbanistico. Una parte meridionale della città si è sviluppata sul corso del fiume Amenano, una naturale linea di impluvio che è stata tombata e su cui sono state realizzate abitazioni. Questo corso d’acqua alimentava il lago di Nicito, in parte ricoperto dalla colata lavica che raggiunse Catania nel 1669 ed in parte obliterato dalla antropizzazione con la costruzione di edifici. Non è un caso se le aree in cui scorreva l’Amenano (Pescheria, piazza Alcalà, Piazza S. Francesco, villa Pacini, ecc.) oggi sono state invase dal ruscellamento delle acque che si sono riappropriate del loro originario percorso”.
“Il sistema di difesa del suolo deve seguire nuove politiche ambientali volte alla rinaturalizzazione del territorio, sfruttando sempre più competenze di professionisti geologi, formati per la realizzazione di quella ‘progettazione geologica’ che deve essere avulsa dalla cementificazione ricorrente, molto spesso rivelatasi non risolutiva, ma addirittura causa dello stesso fenomeno”.
L’espansione della provincia, da Catania verso le città e i paesi della provincia, “l’arrampicarsi” sempre più verso il vulcano, non hanno fatto altro che stravolgere l’equilibrio del territorio e, pertanto, il flusso di acqua che si riversa verso il capoluogo, è ingente, con l’aggravante che non sono state realizzate opere adeguate per il convogliamento e lo smaltimento delle acque bianche.
Sempre più spesso a Catania e nei paesi dell’hinterland si verificano allagamenti derivanti da precipitazioni a carattere di nubifragio; le cause sono da ricercarsi sianella mancata manutenzione delle opere di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche, ma, soprattutto,nella mancanza di aree permeabili: gli edifici scaricano infatti le acque meteoriche direttamente su strada e poiché non sono state previste zone permeabili, le acque si trasformano in torrenti.
Il processo di urbanizzazione, rapido e spesso senza pianificazione, dell’hinterland di Catania e dei paesi pedemontani non è stato accompagnato da una gestione oculata del territorio: il terreno cementificato non è più in grado di assorbire la quantità di acqua anche in assenza di eventi atmosferici eccezionali.
Occorre osservare le politiche di prevenzione e gestione del rischio, portate avanti da altri città europee: la chiave di questi interventi è fermare la cementificazione, ovvero, laddove possibile, restituire al territorio la sua capacità di permeabilità.