di  Vito Pirrone 

Il sapersi comportare adeguatamente in pubblico, il rispetto per gli altri, potrebbe sembrare un argomento da lasciare a mons. Della Casa  nel  suo Galateo; ma, invero,  è un problema con cui ci scontriamo continuamente. Un esempio tangibile si ha quando,in aereo, ci si avvia ad occupare il proprio posto e spesso si rimane bloccati, in fila nello stretto corridoio, aspettando che  gli altri passeggeri, che ci precedono nella fila,si sistemino, con i propritempi, non curanti degli altri passeggeri che attendono peroccupare anch’essi il proprio posto. Così anche sui treni ed in ogni situazione affine. Potrebbe sembrare, esclusivamente, una regola di galateo, di buon senso,  ma, invero, si tratta di atteggiamenti significativi: assai frequentemente la gente pensa solo ai propri interessi,   incurante del rispetto per  gli altri.

La capacità di interagire, di comunicare, rispettando gli altri, èconnessa ad un fattore culturale, che si   forma  nell’intero contesto sociale.

Queste  sono tra le difficoltà maggiori che si incontrano nel nostro  Paese, per far funzionare  una  struttura organizzata, una comunità.

Le file non vengono rispettate da chi si ritiene più furbo, il traffico caotico e disordinato impera nelle città, le riunioni di condominio sono luoghi ove il litigio è normale per un nonnulla.

Questi sono casi patologici , frutto dell’incapacità di auto-organizzarsi, nel rispetto delle esigenze altrui, con la furbizia e la protervia di chi prevarica gli altri.

E’  convinzione diffusa  che tutto ciò dipenda  dalla nostra cattiva volontà, poiché non vogliamo sottometterci alla disciplina di un’organizzazione. Si è individualisti e la mancanza di volontà di sottoporsi  alla disciplina è un limite, anche se non è l’unico.

E’ evidente  un divario  tra i principi guida della nostra società e la  vita di tutti i giorni, un divario tra la vita reale e la vita legale.

Da un’indagine statistica, svolta di recente, concernente la regolarità dei comportamenti dei dipendenti di una grande azienda con oltre 20.000 dipendenti dislocati su tutto il territorio nazionale, è emerso  che il tasso di irregolarità (inadempienze disciplinari, assenteismo, malattie, etc.) è superiore nelle regioni meridionali rispetto a quelle del nord. La medesima ricerca ha rilevato che il tasso  di irregolarità è pari tra tutti i dipendenti occupati nella stessa regione, a prescindere dal fatto che essi siano nativi del sud o del nord. Ne discende   che il tasso di irregolarità nei confronti delle regole, non dipende dai  cromosomi, ma dal contesto in cui  si opera,  dal momento che gli stessi soggetti  hanno comportamenti diversi in relazione all’ambiente in cui operano.

Conosciamo le difficoltà che si incontrano nel nostro Paese per far funzionare un ambiente organizzato, nella vita di comunità. 

Questi episodi  sono sempre frutto dell’incapacità di auto-organizzarsi ed alla pseudofurbizia e alla protervia di chi prevaricagli altri. Le capacità di autorganizzazione nel rispetto  degli altri si forma con  l’educazione e coinvolge le “competenze della vita”, che sono centrate  sulla capacità di interagire, di comunicare, di risolvere problemi in un contesto strutturato.

Eppure  il nostro Paese può farcela, perché milioni di italiani  aspettano  solo l’occasione per mettere la propria laboriosità, il proprio ingegno e iniziativa all’opera, in un sistema di regole  che li valorizzi.

Cambiare è possibile. L’ottimismo sulla possibilità di rompere il “ circolo vizioso  dell’insofferenza per le regole” deriva dalla constatazione  che in Italia  esistono  numerose aree  dove  il “circolo virtuoso” funziona.

Indro Montanelli, ammoniva: “anche quando avremo messo a posto tutte le regole,  ne mancherà  sempre una: quella  che dall’interno della coscienza  fa obbligo  a ogni cittadino di regolarsi secondo le regole”.

Dostoevskij, confida” nel graduale rinnovamento dell’uomo, nella  graduale rigenerazione dei suoi progressi ”.

La realtà  è che si  guarda il mondo  attraverso una gabbia, in cui la volontà  e il nostro bisogno  di affermazione  ci tengono chiusi. Deformiamo ogni cosa e la realtà  sfugge. 

L’armonia e la quiete non resistono  un istante, sono soltanto un desiderio. E’ sufficiente una piccola onda e sembra assistere impotenti alla disgregazione. Sta a noi prendere il sopravvento e gestire ogni istante con una presenza fattiva.

Il nichilismo è sterile. Sembra che non ci sia più spazio per la tolleranza  e che l’arroganza serva per imporci. Non  si deve rinunciare né alla tolleranza né all’intransigenza :  è   un paradosso che deve vivere  con noi. 

Numerose ricerche  evidenziano come una percentuale elevata degli italiani non solo non vuole, ma non sa comportarsi in modo efficace in un ambiente organizzato.

Nelle metropolitane di Londra e negli Stati Uniti, per  incentivare il rispetto alle regole hanno effettuato l’esperimento, riuscito, di diffondere  musica classica.

Mozart e Beethoven  per il rispetto delle regole  di convivenza. E’ stato  accertato che la musica di Mozart e di Beethoven  comunica un forte senso di ordine. Beethoven  era profondamente convinto che la musica  potesse dare un grande contributo  a livello sociale. 

I  processi logici musicali,  inevitabilmente,  risolvono i contrasti,dando ordine  ai pensieri, scoraggiando chi non accetta le regole. Ed è altrettanto chiaro che anche chi non conosce la musica  li percepisce, perché il messaggio sublimale di queste composizioni è talmente forte da comunicare a chiunque un senso di ordine.