Il regime talebano ha vietato la musica. Per noi occidentali sembra una cosa impossibile, impensabile, anche perché la musica è quanto di più straordinario si possa immaginare: non ha lingua ma parla, non ha colore ma colora, non ha ideologie ma nuove i popoli, non ha fede religiosa ma è un dono di Dio.
Potrebbe non sembrare, eppure la musica comunica, si esprime, ci trasmette gioia o dolore, ci permette di viaggiare con la fantasia e di conoscere culture diverse dalla nostra.
Alla luce di quanto hanno deciso, i talebani stanno giustiziando tutti coloro i quali suonano o comunque dispongono di uno strumento musicale.
Per loro, però, non sarà facile uccidere il suono dei ruscelli, il canto degli uccelli, il soffio del vento tra gli alberi, né il battere di un martello su un pezzo di ferro.
Tuttavia ci proveranno e tanta gente morirà, anche solo per aver emesso un fischio per richiamare l’attenzione del proprio cane.
Io, ormai, non ho la forza di fare di più di quello che faccio, se non un appello ai governi, alle donne e agli uomini liberi, per salvare i musicisti e la musica afgana.
Mi piacerebbe se ogni istituzione pubblica, ogni scuola, ogni teatro, ogni orchestra, ogni musicista adottasse un collega afgano e lo aiutasse a superare questo momento di assurda follia che ha colpito una parte di quel popolo.
Mi piacerebbe se i cantanti di maggiore successo di tutto il mondo organizzassero concerti nei quali suonare anche musica afgana, che non può essere perduta né dimenticata, e raccogliere fondi per aiutare coloro i quali, nel loro paese, non possono più esercitare quella meravigliosa arte.
Mi piacerebbe se ogni partita di calcio e di qualsiasi altro sport iniziasse con un minuto di silenzio, per ricordarci cos’è una vita senza musica e che poi venissero eseguiti gli inni nazionali, per ricordarci che la musica è anche appartenenza, tradizioni, cultura etnica.
So che il mio appello è poco, so che saranno in pochi a fare ciò che auspico e che rappresenterebbe un fortissimo segnale di civiltà e di solidarietà.
So che, al massimo, le mie poche parole raccoglieranno qualche like, ma anche qualche commento idiota e fuori luogo, come accade spesso sui social, in cui ciascuno di noi da il peggio di sé.
Tuttavia spero che a qualcosa possa servire, magari soltanto ad accendere un riflettore su migliaia e migliaia di persone, soprattutto sulle donne, ancora più colpite degli uomini da un simile assurdo provvedimento, e che rischiano la vita perché suonano o ascoltano musica, come a noi capita di fare in ogni momento della giornata, senza correre alcun rischio.