Sono convinto che la comunicazione confusa, raffazzonata, frenetica, interessata che si è fornita nell’arco di tempo interessato dalla pandemia sia stata tra le peggiori possibili. 

L’ego smisurato di alcuni virologi e la loro scarsa dimestichezza con il microfono e le telecamere ha contribuito a confondere le menti semplici ed ingenue ed ha offerto uno spazio enorme agli speculatori che, in malafede, hanno provato a speculare sul dolore e la paura. 

Non si può parlare in televisione o in radio come se si stesse parlando ad un congresso di scienziati, perché la televisione o la radio non l’ascoltano soltanto gli scienziati, anzi, l’ascoltano soprattutto persone comuni che hanno una competenza minima rispetto alle varie materie che vengono affrontate. 

Il pubblico radiotelevisivo ascolta perché vuole capire, non perché deve conseguire una laurea in ciascuna delle materie delle quali si interessa. 

Ma a questo avrebbero dovuto pensare i cosiddetti conduttori, anch’essi innamorati alla follia di sé stessi, piuttosto che della loro funzione. 

Sarebbe toccato a loro evitare derive esageratamente specialistiche, sarebbe toccato a loro ricondurre nell’alveo della comprensibilità comune gli aulici e pomposi interventi di certi esperti, ma non lo hanno fatto, preferendo dedicarsi agli ascolti ed allo spettacolo, piuttosto che al servizio pubblico. 

Beh, d’altra parte, anche io ho appena “detto aulico e pomposo”! Forse sarebbe stato meglio usare altri termini.