Il mio pensiero di oggi è rivolto alle persone rinchiuse: gli anziani non deambulanti, le persone con disabilità, gli ammalati che soffrono nei letti di ospedale, i detenuti ammassati in celle superaffollate, con poca acqua e poca aria, spesso in compagnia solo della loro pena.
Desidero rivolgere un pensiero anche alle persone sole anche se non sono rinchiuse, a quelle che vivono immerse nei ricordi, nei rimpianti, nei rimorsi o nelle gioie, se ne hanno avute, perché hanno un passato ma non riescono ad avere un presente.
Per queste persone il mio augurio è più intenso e sentito, poiché loro non possono colmare la malinconia che ne logora l’esistenza con un tuffo in mare, una fetta di anguria fresca, consumata con gli amici, o una passeggiata in montagna, né con una granita gustata nel bar sotto casa.
Le persone sole sono tali prima con se stessi e poi nei confronti degli altri. La solitudine costituisce una condizione non facilmente superabile se non con l’aiuto del proprio stato d’animo.
A tal proposito, mi viene in mente quanto accadutomi lo scorso Ferragosto: c’era molto caldo, ero fermo all’incrocio tra la via Palazzotto e la via Ingegnere, a Catania, per dare la precedenza ad un’auto che veniva da destra.
Un’anziana signora, appena scesa dal marciapiede, mi fece un cenno. Abbassai il finestrino e le domandai cosa desiderasse.
Mi chiese se fossi vaccinato e se potessi darle un passaggio. Le dissi che avevo il green pass e accettai di accompagnarla.
Lei montò subito in auto e mi domandò che lavoro facessi. Le spiegai che sono un giornalista e lei si stupì. Nel frattempo, essendo il tratto di strada piuttosto breve, arrivammo a destinazione.
A quel punto la signora, proprio mentre stava scendendo dalla macchina, mi chiese di confermarle di essere un giornalista ed a quel punto, con un po’ di stupore esclamò: “allura non è veru ca tutti i giornalisti su tinti. Qualcunu bonu c’è!” Grazie signora, anche a nome dell’intera categoria. Anche questa è una forma di solitudine.