In Sicilia c’è un medico ogni circa 566 cittadini ed il rapporto tra personale sanitario e numero di abitanti è di circa uno ogni 121 residenti. 

Nelle regioni virtuose, quelle dalle quali non si fugge persino per una banale calcolosi renale, il rapporto è di uno ogni 81 ed i medici sono uno ogni 533. 

Tra il 2011 ed il 2020 il personale sanitario è sceso di migliaia di unità ed alla nostra regione, in rapporto a quelle che riescono a raggiungere i Livelli Essenziali di Assistenza previsti dalla normativa vigente, mancano circa 9.000 unità, suddivisi per le varie categorie. 

Possiamo essere soddisfatti di questa situazione? Tra la buona sanità lombarda e la sanità Siciliana è solo un problema di “A” ed “O”?

Non so se tutti comprenderanno questa domanda, ma qualcuno lo capirà senz’altro e si chiederà se sia ancora il caso di compiacersi per qualche piccolo successo che, per carità, è certamente il benvenuto, ma che cambia di poco la situazione generale.

La sanità costituisce un dei settori più importanti in qualsiasi società civile ma rappresenta uno degli strumenti più potenti in una società che continua a sostituire il diritto con il favore. 

Parecchi anni addietro un mio concittadino mi confessò di essere riuscito a trovare un posto in ospedale. Ingenuamente gli chiesi con quale qualifica: infermiere, ausiliario, tecnico, amministrativo, o cosa? 

Si mise a ridere a crepapelle e mi spiegò che era riuscito ad ottenere un posto in ospedale per ricoverarsi e finalmente tentare di guarire da una brutta infiammazione ai diverticoli.

Quando mi resi conto del fraintendimento scoppiai a ridere anche io ma solo per un istante, perché immediatamente dopo mi arrabbiai parecchio e non riuscii a trattenere una brutta imprecazione.