di Vito Pirrone
In Italia viviamo un stagione preelettorale. È in atto una campagna elettorale per il rinnovo del parlamento nazionale, e dell’Assemblea Regionale per la Sicilia ed in tali occasioni si manifestano, nella loro ampiezza, le degenerazioni del sistema. Assistiamo ai riti della propaganda elettorale, con le sue stranezze e contraddizioni.
Il voto è l’espressione della democrazia diretta, definita da Cicerone: “il privilegio dei popoli liberi … di poter dare e togliere a ognuno, col voto, quello che vuole”.
Ma, a ben vedere, se vogliamo riflettere un attimo, con uno sguardo al passato, allora ci accorgiamo che passano gli anni, i millenni, ma invero il sistema è sempre lo stesso.
La propaganda elettorale esisteva già nel periodo romano, indicata con il nome petitio (letteralmente “richiesta”) ed iniziava subito dopo l’esposizione in pubblico della lista dei candidati. La sollecitazione diretta e personale del voto era tenuta in gran conto (Plauto, nell’Anfitrione, scriveva: “il popolo elegge quelli dai quali è sollecitato”). La propaganda era condotta senza esclusione di colpi, essendo tutto lecito e ammesso, anche i colpi bassi, fino all’insinuazione e alla denigrazione.
Nel Foro c’era il rituale della presentatio (stretta di mano), che consisteva nell’andare incontro ad ogni elettore, chiamandolo per nome e prendendogli la mano e ricorrendo ad ogni genere di lusinghe e sollecitazioni.
Significativa, in detto periodo, era la diffusa e lecita pratica del “voto di scambio” (sia come promessa di favori del candidato all’elettore, che del reciproco appoggio in tempi diversi) o una sorta di “voto incrociato” per cariche diverse (dando vita ad intese ed alleanze utili a convogliare a favore degli uni o degli altri). Col tempo, si affievolì la propaganda personale, e si costituirono “comitati elettorali “ come veri gruppi di pressione. Contemporaneamente alla campagna personale, si andò verso una campagna scritta, con l’impiego di manifesti dipinti sui muri. Di “manifesti elettorali” ne sono stati trovati circa 1500 a Pompei.
A dimostrare che i tempi ed i sistemi non cambiano, è la circostanza che tutti i candidati erano presentati per la loro onestà, saggezza, capacità e oltre alle lodi, si mettevano in evidenza qualità o caratteristiche che interessavano direttamente gli elettori, facendo frequentemente riferimento alla fedeltà verso gli amici da parte del candidato.
Soltanto nella seconda metà del II secolo a.c. ,con un specifica legge proposta dal tribuno della plebe Aulo Gambino, si passò al voto scritto e quindi segreto, garantendo l’anonimato e la massima libertà dell’elettore (Cicerone scriveva che la scheda era diventata “la garanzia di una libertà muta”).
Anche il sistema dei comizi, col tempo, andarono verso un progressivo decadimento, anche per la insorgente crisi delle istituzioni. Diverse leggi de ambitu si occuparono del corretto svolgimento della propaganda elettorale, intervenendo pesantemente contro i brogli, le scorrettezze e le irregolarità.
È alquanto interessante, e fa riflettere, l’affievolimentodell’importanza dei singoli cittadini, soffocati dallo strapotere dei gruppi organizzati e dalle masse clientelari, manovrati dagli esponenti dell’oligarchia dominante. Vi furono anche dei tentativi falliti di riforme delle norme elettorali.
Non mancarono casi di corruzione e di scandali che sembrano aver fatto parte integrante di una lotta politica sempre più accesa e spietata, il mercato dei voti, i brogli, le intimidazioni.
La lex Tullia proibiva ai candidati di offrire banchetti pubblici e posti riservati nei giochi del circo.
Il tramonto della vita politica dell’ antica Roma ci porta con la mente in linea diretta all‘attuale momento.
Invero, la storia molto spesso ci dà delle risposte sul presente e ci permette di comprendere passaggi e situazioni oblique. Situazioni che la nostra intelligenza dovrebbe utilizzare per una prospettivamigliore e non per un ritorno al passato, facendoci affermare con tristezza e sconforto, “… tanto è stato sempre così…., questa è la politica”!
Invero questa non è la politica, è la non-politica, e noi abbiamo il dovere, guardando avanti, di vedere e fare politica riconquistando il senso proprio lessicale e logico del termine.
Da uno sguardo nel periodo romano, percepiamo che dal mondo romano non abbiamo ereditato soltanto la pratica elettorale, ma anche degenerazioni della politica antica, che in parte si ripetono fino ai nostri giorni.
Oggi, fra l’altro, è crescente il conflitto di civiltà ed il rapporto tra politica e cultura, con i mutamenti in atto negli equilibri di potere e della struttura politica stessa.
Pertanto oggi parlando di politica e di civiltà della politica, non si può non tenere conto che non si valuta più l’ideologia, il programma economico, ma presunti schemi culturali e di comunicazione.