Il Mose di Venezia è costato circa 6 miliardi e non funziona ancora. Il ponte sarebbe costato 4/5 miliardi e avrebbe sbloccato migliaia di posti di lavoro e l’intera economia del Sud e della Sicilia.
Ora pare che per difendere Venezia e proteggere meglio Piazza San Marco ci vogliano altri soldi: è giusto salvare quell’opera, il Ponte, però, continua a non essere tra gli interventi inseriti nel Recovery Plan e la Sicilia ad essere trascurata.
Come pretesto, un incompetente viceministro siciliano blatera di tunnel e piste ciclabili, e c’è pure chi lo difende. VERGOGNA, ma la colpa è nostra, che ci perdiamo in chiacchiere ma tardiamo ad organizzarci, mentre nei salotti della speculazione finanziaria si prendono le decisioni che passano sulla testa del Mezzogiorno.
Il Sud e la Sicilia hanno bisogno di infrastrutture, ma anche di affermare un proprio modello di sviluppo, che non sia importato da altre parti del Paese in cui le condizioni sono del tutto differenti.
Dire che a Milano si viva meglio di Catania partendo dall’efficienza dei servizi, purtroppo, è semplice, ma a Catania le strade sembrano mulattiere e le altre infrastrutture, fatta eccezione per qualche tratto di metropolitana, sono quelle del dopoguerra.
Solo per fare un esempio, potremmo affermare la stessa cosa se si partisse dal clima o dalle meraviglie ambientali dell’Etna o del mare?
Varare un modello per il Mezzogiorno vuol dire rivedere i parametri di valutazione estendendoli alle infrastrutture e ad altri fattori qualitativi di sistema: non basta solo un computo ragionieristico, ci vuole un efficace piano perequativo.