Secondo uno studio compiuto da un istituto di ricerche, la condizione di insularità della Sicilia costa ad ogni suo cittadino 1.308 euro l’anno che, moltiplicati per i quasi cinque milioni di abitanti, ci fa arrivare ad una somma complessiva pari a circa 6,5 miliardi di euro, corrispondente al 7,4% del PIL prodotto nell’Isola.
Basterebbero queste poche cifre per comprendere quanto sia urgente il varo di misure capaci di colmare un simile gap economico, a partire dalla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina, dal potenziamento della rete ferroviaria ed autostradale e dalla relativa occupazione che ne scaturirebbe.
Il rilancio dell’economia siciliana, infatti, non scaturisce affatto dalle elemosine di stato, che possono sostenere i cittadini per un periodo limitato di tempo, ma non per sempre, dipendono dalle capacità attrattive mostrate dal complessivo sistema offerto dalla regione.
La Sicilia diventa attrattiva per gli investitori se dispone di un’amministrazione efficiente, da una burocrazia leggera e trasparente, da una rete di infrastrutture adeguate, da un buon rapporto tra mondo del lavoro e mondo dell’istruzione e dell’Università, da una formazione professionale al passo con le esigenze dei mercati, da servizi rispondenti alle aspettative dei rispettivi utenti.
Forse non cose scontate. Sì, dovrebbero esserlo, come lo sono in altre parti del Paese, ma qui da noi sono conquiste da fare e per le conquiste bisogna combattere ed impegnarsi, giorno dopo giorno, con onestà, competenza e passione.