Ogni giorno sentiamo dire che noi italiani siamo sulla stessa barca. Non è la prima volta che affronto questo argomento perché non mi pare affatto che sia così.
C’è chi è su una barca con quattro corsie autostradali e chi non ha le autostrade.
C’è chi è su una barca con l’alta velocità e chi viaggia sulle tradotte dei primi del ‘900. C’è chi ha una disoccupazione all’8% e chi al 30%.
C’è chi ha un solo reddito in famiglia, chi ne ha due, chi ne ha tre e chi non ne ha nessuno.
C’è chi dispone di riserve finanziarie in grado di permettergli di affrontare la crisi che stiamo vivendo e chi rischia il fallimento.
Il transatlantico ed il gommone galleggiano entrambi ma non sono uguali. Proprio per questa ragione esiste l’articolo 3 della Costituzione che risulta di una chiarezza lapalissiana ma che spesso viene dimenticato, non certo per caso.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Per poterci dire di essere a bordo della stessa barca sarebbe necessario che le differenze che sono state create negli anni fossero progressivamente colmate, altrimenti è sterile demagogia.