Una delle cose che mi dispiacciono tanto dell’informazione diffusa nei lunghi mesi del Covid è il modo di trattare questa tragedia come se fosse un qualsiasi altro fenomeno statistico. 

Ci sono state fornite e continuano i ad esserci fornite le cifre dei contagiati, dei tamponi, dei ricoverati in terapia intensiva, dei morti mentre le questioni che riguardano i disagi umani dei lavoratori, delle lavoratrici, degli studenti, degli anziani, per diventare “appetibili” ai fini della stampa dovevano e devono degenerare.

Non mi piace questo modo guercio e morboso di fare informazione, perché nessuno di noi può essere considerato soltanto un numero.

Così’ come non mi piace il linguaggio esasperatamente specialistico che certi esperti utilizzano ed hanno utilizzato per spiegare la malattia, le cure ecc.

La televisione, la radio, il web ed i giornali sono mezzi di informazione di massa. Ciò ascolta o legge, nella maggior parte dei casi non è dotato delle competenze necessaria a comprendere ciò che dicono i vari esperti. 

Questo stato di cose non serve affatto a chiarire i dubbi e le perplessità che attorno a questa pandemia si sono sviluppati a torto o a ragione. 

Semmai serve esattamente al contrario, vale a dire serve ad alimentare uno stato di confusione che giova soltanto ai chi è in malafede e gioca a confondere le menti semplici per trarne un qualche profitto economico o politico. 

I giornalisti a cui sono affidate le varie interviste, prima di lasciare la parola ai loro interlocutori, dovrebbero ricordargli che non stanno parlando ad un congresso scientifico ma a gente comune, spesso prima di qualsiasi cognizione di base.