Il 20 settembre del 2020 si è votato per il taglio dei parlamentari. Hanno vinto coloro i quali si sono espressi a favore di questa importante ma pericolosa riforma, ma non se ne parla abbastanza, soprattutto non si parla di effettiva rappresentatività, né degli effetti di una legge elettorale che affida al potere delle oligarchiche segreteria dei partiti un potere enorme, privo di qualsiasi bilanciamento.
Mi chiedo: è più rappresentativa una democrazia con meno parlamentari scelti da un nucleo ristretto di “uomini forti” o una con più parlamentari scelti dal popolo, attraverso un sistema che ne garantisca la qualità?
A tal proposito mi chiedo: il problema dell’efficienza dello Stato dipende dal numero dei parlamentari o dalla loro qualità?
Mi chiedo ancora: se io fossi il capo dei poteri forti preferirei discutere con un numero maggiore di parlamentari o con una pattuglia di “yes men”?
Secondo i calcoli effettuati dalle segreterie di Camera e Senato, il taglio dei parlamentari farà risparmiare circa 50 centesimi l’anno per ogni cittadino, ma lascerà senza rappresentanti interi territori ed intere categorie, soprattutto al Sud ed in Sicilia, dove la ripresa dell’emigrazione ridurrà il numero dei seggi, dunque del peso politico. Pensiamoci bene. Proviamo a dare qualche risposta alle precedenti domande e magari facciamo adoperando un po’ di buonsenso e tenendo presente che la quantità e la qualità rappresentano valori assolutamente diversi tra loro.