L’argomento, per i lettori dei METROPOLIS più e per gli amici di Facebook non è nuovo, dato che mi è capitato di affrontarlo in più occasioni.
Sono due i veri partiti che si contendono la scena politica italiana ed internazionale, ma nessuno di loro è strutturato in modo normale, nel senso che di loro non troviamo né le vecchie sezioni, né i nuovi meetup, né altri modelli organizzativi concreti e visibili. Tuttavia ne subiamo le scelte, buone o cattive che siano
Si tratta del partito dell’economia speculativa, i cui aderenti sono le banche, le assicurazioni, le multinazionali, le finanziarie, ecc. che ha pochi consapevolissimi iscritti ma molto potere, ed i partito dell’economia reale, i cui aderenti sono gli studenti, i disoccupati, i lavoratori, i pensionati, gli artigiani, i commercianti, i piccoli e medi imprenditori, ecc. che ha tanti inconsapevoli iscritti, ma poche risorse.
Sono convinto che i partiti territoriali, al fianco dei quali personalmente mi batto, si debba riconosce apertamente nel partito dell’economia reale e debba farsi interprete delle esigenze e delle aspettative dei giovani, degli studenti, dei lavoratori, degli artigiani, dei commercianti, delle partite Iva in genere, dei professionisti, di chi vive nelle periferie urbane, di chi si trova in una condizione di disagio fisico o psichico.
È solo interpretando e difendendo gli interessi e le aspettative di queste categorie che la democrazia raggiunge il suo nobile obiettivo di rappresentanza. Tuttavia la democrazia ha un limite, si alimenta di partecipazione e se la partecipazione non raggiunge livelli elevati rischia di diventare il trampolino di lancio proprio per le istanze di chi la democrazia intende combatterla.