In questo momento l’Italia è come una macchina con il motore al massimo dei giri ed il freno tirato, ovvero come una bicicletta la cui ruota motrice gira su se stessa poiché non è poggiata sul terreno. 

L’energia, il lavoro e le potenzialità sono al Sud, in cui un investimento produce un valore aggiunto maggiore che altrove, il freno è nella burocrazia e nella politica dei partiti romani, oltre che nelle loro incapaci diramazioni locali, mentre il Nord è come un serbatoio già pieno che pretende di ottenere altra benzina, la quale però, non potendo esservi più contenuta, si versa di fuori senza trasformarsi in energia. 

Così non si può più continuare, ma la Sicilia deve cambiare registro e passare dalle messianiche attese assistenzialistiche, all’impegno ed alla partecipazione.

In tal senso, il sicilianismo ed il meridionalismo per il quale mi batto non hanno nulla a che vedere con i modelli di ieri, se non la passione. 

Al Sud ed alla Sicilia non servono un passato da sognare, né flaccide malinconie nelle quali rifugiarsi, ma un futuro da costruire con la partecipazione, guardando all’Europa ed al Mediterraneo. 

La Sicilia ed il Mezzogiorno non devono perdere le loro risorse, le loro intelligenze, la loro forza lavoro che, una volta emigrata, non tornerà più, deve impedire che se ne vada, fornendole opportunità serie. 

Per riuscirci serve una classe dirigente, onesta e preparata, capace di varare riforme efficienti, di ottenere infrastrutture moderne, di tutelare i prodotti locali e di conquistare i mercati nei quali piazzarli.