La stampa dei mesi scorsi la dava come una notizia straordinaria, pensate: il siciliano ministro per il Sud di allora, Giuseppe Provenzano, annunciava che ai comuni del Mezzogiorno sarebbero arrivati 300 milioni, 56,7 dei quali sarebbero stati destinati a quelli siciliani. 

Peccato che, con la stessa enfasi, non veniva annunziato che, con l’articolo 241 del decreto ripartenza, le risorse europee del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, che prima erano state destinate al Sud, alla faccia della perequazione infrastrutturale, sarebbero state usate in tutto il paese. 

Ecco, vedete, sono i dettagli che bisogna guardare con attenzione, anche quando a stabilirne il significato sono dei meridionali.

Questo non significa che quanti sono stati eletti al Sud, compreso il presidente della Repubblica o l’ex ministro Provenzano, o l’attuale ministro Carfagna, o il sottoscritto quando lo era, siano dei traditori. Il fatto è completamente diverso.

L’attuale sistema elettorale, ma anche il modello politico, fondato su partiti nazionali, mette tutti in una condizione di dipendenza non dai propri elettori, cosa che potrebbe ancorarsi al non previsto vincolo di mandato, ma ai propri leader, che sono coloro i quali formano le liste e dettano l’agenda politica.  

Il Sud e la Sicilia, negli anni, hanno avuto fior di parlamentari, fior di ministri, ma nessuno di loro era ancorato al territorio che lo esprimeva, in quanto era legato all’ideologia, prima, ed alla oligarchia partitica, oggi. 

Fino a quando il Sud e la Sicilia non riusciranno ad esprimere un partito territoriale ed una classe dirigente rispondente al territorio, come invece accade in Trentino Alto Adige ed in Valle D’Aosta, sarà sempre così, a prescindere dalla qualità e dalla buona volontà degli eletti.