Qualche giorno addietro ho auspicato che l’Europa uscisse dal guado e decidesse se essere una istituzione funzionale alla speculazione ed alla finanza o un’istituzione funzionale ai popoli ed all’economia reale, come avrebbero voluto i padri fondatori.
Temo che l’auspicio formulato, almeno per il momento, sia vano, dato che l’emergenza pandemica ha spostato l’attenzione della politica del Vecchio Continente verso obiettivi di carattere differente.
Credo che si vada verso la fine di questa ormai antica istituzione o verso la sua spaccatura legata agli interessi dei Paesi più forti.
Mi auguro che, in questo nuovo eventuale processo, la Sicilia possa assumere un ruolo centrale e che si guardi al Mediterraneo come ad una macroregione dalla quale ripartire in maniera differente e più efficace.
Una nuova Europa, infatti, non può non tenere conto del fatto che gli assetti geopolitici mondiali sono mutati profondamente e che il Mediterraneo, oggi più che mai, rappresentanti un’area estremamente importante quanto delicata.
È ovvio che, in un tale mutamento di scenari, la Sicilia potrebbe assumere una funzione strategica di straordinaria importanza a patto che si prepari.
Certo, risulta difficile pensare alla nostra Regione che accoglie le merci, gli studenti, gli investitori dell’intero bacino del Mediterraneo senza strade, senza alta velocità ferroviaria, senza posti letto ospedalieri, senza aule scolastiche ed universitarie, senza ponte e senza strutture logistiche.
Ecco perché bisogna fare in fretta e prepararsi. Il mondo non attende, il mondo non ripassa più tardi: bisogna fare in fretta e bisogna fare bene.