di Vito Pirrone
Il drammatico conflitto armato in corso in Ucraina sollecita considerazioni sia di ordine giuridico che politico.
Sul piano giuridico (e morale), la valutazione è netta. La Carta della Nazioni Unite, all’art. 2, par.4, pone il divieto dell’uso della forza armata nelle relazioni internazionali. L’unica eccezione a tale divieto è prevista dall’art. 51 della stessa Carta ed è costituita dalla “legittima difesa”, per cui uno Stato può fare legittimamente ricorso alla forza bellica solo nel caso in cui sia vittima di un’aggressione armata. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, dunque, non può trovare nessuna giustificazione giuridica. Essa costituisce violazione del diritto internazionale e, segnatamente, del citato art. 2 par. 4 della Carta ONU.
Sul piano politico, tuttavia, è opportuno chiedersi quali sano le dinamiche e gli interessi in gioco che hanno portato alla drammatica situazione attuale. Ovviamente, non allo scopo di giustificare ciò che, non solo sul piano giuridico, ma anche sul piano morale, non è giustificabile, bensì per comprendere.
A tal fine risultano estremamente interessanti talune riflessioni dell’ex Segretario di Stato americano Henry Kissinger.
Kissinger, nel 2014, dubito dopo l’invasione russa della Crimea, pubblicò un editoriale, sul Washington Post,sull’Ucraina che, alla luce della situazione di oggi, si rivela profetico. Otto anni fa, Kissinger definì tre punti per «porre fine alla crisi dell’Ucraina». Riguardavano l’ingresso nell’Ue, quello nella Nato e la sua finlandizzazione. Lette ora, quelle righe sembrano l’ennesima profezia di un oracolo delle relazioni internazionali
Col corollario da molti desunto che, se il mondo avesse dato retta all’approccio realista, ed alle questioni di politica estera, la tragedia ucraina sarebbe stata evitata.
Il pezzo si intitolava «To settle the Ukraine crisis, start at the end» («Per risolvere la crisi ucraina, si cominci dalla fine») e commentava gli effetti della rivoluzione di Euromaidan, esplosa a cavallo tra il ‘13 e il ‘14 dopo che il presidente Yanukovyc aveva rifiutato di firmare l’accordo di associazione con l’Ue per siglarne uno con la Russia, finendo per essere costretto alla fuga dalla reazione popolare.
Diceva Kissinger? In sintesi:
• Sì a un’Ucraina associata all’Europa
• No a un’Ucraina nella Nato
• Ucraina «finlandizzata».
Questioni, estremamente attuali in questi giorni terribili.
Sosteneva che l’Ucraina «non deve essere l’avamposto di una delle due parti contro l’altra, ma funzionare come un ponte tra loro». Che la Russia «deve capire che cercare di costringere l’Ucraina a uno status di satellite condannerebbe Mosca a ripetere la sua storia ciclica di pressioni reciproche con l’Europa e gli Stati Uniti». Che «l’Occidente deve capire che, per la Russia, l’Ucraina non potrà mai essere solo un paese straniero», con relative citazioni sulle radici storiche e religiose della Russia ben piantate in Ucraina che sentiamo ripetere di frequente. Che l’Ucraina ha «una storia complessa e una composizione poliglotta», riassunte schematicamente così: «l’ovest è in gran parte cattolico; l’est in gran parte russo-ortodosso. L’ovest parla ucraino; l’est parla soprattutto russo».
Kissiger precisava che : «La Russia non sarebbe in grado di imporre una soluzione militare senza isolarsi»; e «per l’Occidente, la demonizzazione di Vladimir Putin non è una politica; è un alibi per l’assenza di una politica»; sostenendo, tra l’altro, che «trascinare l’Ucraina in un confronto tra Est e Ovest avrebbe impedito per decenni di portare la Russia in un sistema internazionale cooperativo».
Il test della politica è come finisce, non come inizia”; “la politica estera è l’arte di stabilire delle priorità”».
Nel caso dell’Ucraina, sembra che sia quasi scontato che la popolazione russofona sia inevitabilmente, e perennemente, filorussa (e quindi filoputiniana). Numerosi esperti ci spiegano invece con chiarezza quanto una specifica identità ucraina sia stata ridefinita (e rafforzata) dagli anni successivi alla crisi del 2014-15 . Ed è davvero difficile immaginare che la resistenza all’invasione russa e questa terribile guerra non siano destinate a dare un contributo fortissimo alla costante ridefinizione dell’identità nazionale ucraina.
«Restano sul tavolo la neutralità — nella forma di un riconoscimento che l’Ucraina non farà mai parte della Nato — e il legame con Europa, che ora include l’adesione di Kiev alla Ue».Si tratta di «due elementi che paiono offrire delle basi negoziali molto fragili », in cui «i costi crescenti del conflitto alzano per entrambe le parti la soglia per accettare un compromesso.
L’Unione Europea, per Kissinger,deve riconoscere che la sua dilatorietà burocratica, e la subordinazione dell’elemento strategico alla politica interna nel negoziare le relazioni dell’Ucraina con l’Europa, hanno contribuito a trasformare un negoziato in una crisi.
Gli ucraini sono l’elemento decisivo. Vivono in un paese con una storia complessa e una composizione poliglotta. La parte occidentale fu incorporata nell’Unione Sovietica nel 1939 , quando Stalin e Hitler si divisero il bottino. La Crimea, la cui popolazione è per il 60 per cento russa , divenne parte dell’Ucraina solo nel 1954 , quando Nikita Khrushchev, ucraino di nascita, lo assegnò come parte della celebrazione del 300° anno di un accordo russo con i cosacchi.
L’Ucraina è indipendente da soli 23 anni. Una politicaoculata dovrebbe cercare la riconciliazione, non il dominio di una fazione.
In realtà la Russia e l’Occidente, e tutte le varie fazioni in Ucraina, non hanno agito alla ricerca di una riconciliazione, peggiorando la situazione.
I leader di tutte le parti dovrebbero tornare a esaminare i risultati, non competere nella posizione. Ciò, ribadisce Kissinger , appare compatibile con i valori e gli interessi di sicurezza di tutte le parti:
L’Ucraina dovrebbe avere diritto di scegliere liberamente le sue associazioni economiche e politiche, anche con l’Europa.
Per l’Ucraina sarebbe prudente non aderire alla NATO.
L’Ucraina dovrebbe essere libera di creare qualsiasi governo compatibile con la volontà espressa del suo popolo. I leader ucraini dovrebbero optare per una politica di riconciliazione e a livello internazionale, sarebbe opportuno perseguire un atteggiamento paragonabile a quello della Finlandia.