L’arresto per mafia, avvenuto diversi mesi addietro, del fratello della vedova dell’agente Schifani, ucciso nella strage in cui persero la vita altri suoi colleghi, il magistrato Giovanni Falcone e la moglie, così come le vicende giudiziarie che hanno colpito alcuni noti “imprenditori antimafia”, deve indurci ad evitare di affrontare questo delicato tema sull’onda di cieche convinzioni ideologiche.
La lotta al crimine organizzato non deve avere discriminanti ideologiche, come non deve averne la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio.
L’antimafia ideologica, ovvero quella falsa, strumentale e di facciata rappresenta una grande cortesia per la mafia camaleontica e trasformista.
La lotta alla mafia, al crimine organizzato, alla corruzione deve rappresentare un modus operandi che deve riguardare tutti, a prescindere dalle proprie convinzioni culturali o ideologiche.
Un assassino o un corrotto di sinistra non vale di meno o di più di un assassino o corruttore di destra, né uno spacciatore di spinelli negli ambienti radical chic deve essere considerato meno pericoloso di uno spacciatore di spinelli davanti alle scuole o nei quartieri popolari.
Un’impostazione culturale differente potrebbe far insorgere pericolosissime discriminanti, che aggraverebbero la situazione a tutto vantaggio di chi dovesse essere nelle condizioni di condizionare l’informazione, fino a far credere che lo stesso crimine possa dar seguito ad un contrasto differente a seconda di chi lo commetta.