Nei giorni scorsi, un caro amico, mi ha chiesto cosa ne pensassi della riduzione del numero di parlamentari. Ho risposto che non sono affezionato ai numeri, mentre lo sono tantissimo a ciò che essi rappresentano ed a come siano stati determinati.
Per essere più chiaro, intendevo dire che il numero di parlamentari deve rispondere ad un criterio ben definito e quello scelto dalla riforma che è stata approvata non mi piace, dato che parte dal loro costo, vale a dire dall’incidenza che la loro attività determina sul bilancio dello Stato, posto che tale attività vi sia e sia onesta e trasparente.
Secondo la riforma, invece, si fonda tutto sul contenimento della spesa e non dal tipo di funzioni o di rappresentatività democratica che il Parlamento deve avere, se vuole ancora essere espressione della democrazia, dunque degli elettori.
Anzi, a questo punto mi chiedo: quanto deve costare la democrazia e la rappresentatività? Il parametro del costo può essere più importante della democrazia stessa e della libertà di voto? Quanti hanno compreso che il taglio aumenterà di fatto la soglia di sbarramento, portandola a circa il 7%?
In ogni caso, infatti, non posso non fare una considerazione: meno sono i seggi, più sarà difficile conquistarli; più sarà difficile conquistarli, più sarà costoso farlo; più sarà costoso farlo, meno saranno quelli che potranno permetterselo; meno saranno quelli che potranno permetterselo, meno sarà il loro livello di rappresentatività; meno sarà il loro livello di rappresentatività, meno alto sarà il livello di democrazia, che sarà solo la democrazia dei ricchi.
E poi: perché passare da 630 deputati e 315 senatori a 400 deputati e 200 senatori e non a 300 deputati e 300 senatori? E perché non a 100 e 100, oppure, a 10 e 10, anzi a 10 e basta? Se il problema è il costo, meno sono e meglio è: così costeranno pochissimo e corromperli costerà anche meno! Mi pare che la P2 ragionasse in questo modo, o no?