Parlare con i miei concittadini, cogliendoli mentre sono lontani dalla ufficialità che gli impone il loro ruolo sociale, è molto interessante.
In simili circostanze registro come il disprezzo verso lo Stato cominci facendo la fila davanti allo sportello di un ufficio pubblico che non funziona, sfasciando la macchina a causa di una buca stradale, non riuscendo a trovare un posto letto in ospedale, aspettando mesi e mesi per un esame medico, restando in attesa di una sentenza per oltre vent’anni, vivendo immersi nell’immondizia che non viene rimossa, o nel buio di una strada non illuminata, ecc. e continui nella cabina elettorale, attraverso l’espressione di un voto nullo o beffardo.
Raramente, però, noi cittadini ci ricordiamo che lo Stato esercita le sue funzioni attraverso persone, uomini e donne, che sommano le loro responsabilità, le loro inefficienze, i loro vizi a quelli strutturali della pubblica amministrazione: è su questo che bisogna intervenire.
Bisognerebbe affrontare entrambi gli aspetti strutturali del problema ed evitare di sentirci sempre vittime, in quanto talvolta non lo sdiamo affatto, anzi, siamo pure carnefici perché, come dice una nota canzone: “gli altri siamo noi”, solo che spesso ce ne dimentichiamo o fingiamo di dimenticarcene e questo non va affatto bene.
Permanendo in questa situazione, lo spazio per un futuro migliore si restringe drammaticamente, dunque è urgente uscire dal letargo, prendere coscienza della realtà, ammettere i nostri errori e provare attivamente a non ripeterli.