di Vito Pirrone
La Fondazione Falcone, suggerisce una proposta di legge che preveda di estendere la possibilità di accedere alle misure premiali anche per quei condannati che decidano di non collaborare con la Giustizia, previo accertamento della rescissione dei legami con i gruppi mafiosi .
La Corte Costituzionale, sotto spinta della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ha ravvisato una violazione dell’articolo 3 Cedu, ritenendo detto trattamento sanzionatorio inumano e degradante, con una pronuncia del 15 aprile u.s. ha ritenuto in contrasto con l’art. 27 Cost., l’art. 4 bis ordinamento penitenziario, nella parte in cui vieta ai condannati che rifiutino di collaborare con la Giustizia, pur avendo interrotto ogni legame con la criminalità organizzata, di accedere alle misure premiali.
La Corte con la predetta pronuncia non ha voluto inserirsi nella questione con la veste del legislatore, ma ha giustamente ritenuto di rimettere la questione al Parlamento.
La proposta della Fondazione Falcone che si inserisce nel dibattito sull’art.4 bis dopo che la Consulta ha invitato il parlamento ad intervenire, appare consapevole delle criticità di bilanciamento degli interessi in gioco, anzi esprime l’esigenza di recepire quanto già osservato dalla Suprema Corte, senza che la lotta alla mafia venga meno.
La modifica, infatti, intende introdurre l’accesso ai benefici anche per quei condannati che non abbiano collaborato con la Giustizia, attesa un’attenta verifica sull’assenza del pericolo di reitero dei reati per cui sono stati condannati e atteso l’accertamento, da parte del Magistrato di Sorveglianza, di un attuale ravvedimento del detenuto, tramite forme risarcitorie nei confronti delle vittime, e del suo contributo al perseguimento della verità, quale diritto spettante alle vittime.