I candidati alla presidenza della Regione Siciliana sono diventati tanti: alcuni sono realmente onesti e capaci.
I loro programmi possono persino essere apprezzabili e qualcuno si soffermerà a valutarli e condividerli.
Oggi però la questione è un’altra: quanti di loro riusciranno a farsi capire sia quando parleranno in un’aula universitaria, sia quando parleranno a Librino o allo Zen? Sia quando parleranno nei club service, sia quando parleranno alla bocciofila o al dopolavoro ferrovieri?
Quanti sapranno leggere e interpretare gli sguardi dei ragazzini che inseguono un pallone in una piazza polverosa e quelli dei laureati con la valigia in mano?
Quanti riusciranno a superare indenni il “politicamente corretto”? Quanti saranno, ma soprattutto appariranno, veramente onesti e innovativi? Quanti riusciranno a non mostrarsi come il frutto marcio degli accordi stipulati nei salotti romani?
Quanti sapranno usare la loro storia e la loro esperienza come un bagaglio di competenza e di umanità e non come un fardello di compromessi miserabili?
Sono convinto che la scelta degli elettori non riguarderà solo il tipo di coalizione e la sua ampiezza, spesso innaturale, anzi, credo che questo conterà molto poco.
Credo invece che i siciliani, questa volta più che mai, guarderanno a ciò che i candidati riusciranno a far capire di sé e di ciò che vogliono fare, riuscendo a valutare non solo i falsi sì ma anche i sinceri no.
Sono convinto che il mercato dei voti inciderà meno del solito, anche se i mercanti sono già in movimento e già bussano alle porte di tante persone pronti a usarne elettoralmente il disagio.
Spero, tuttavia, che alle promesse occupazionali non creda più nessuno e che un pacco di pasta o un litro d’olio valgano meno della dignità di ciascuno.
Sono convinto che ormai gli elettori sappiano che una cosa è protestare ma altra cosa è governare, come dimostrano molti esempi sparsi per l’Italia.
Sono convinto che una cosa sia instillare l’odio di classe e sostenere che l’uguaglianza si raggiunge impoverendo tutti, altra cosa è riuscire a capire di economia, di diritto, di vaccini, di disabili, di scuola, di politica estera ecc. e soprattutto conoscere la storia e la grammatica italiana. La politica non è una cosa astratta, è ciò che noi tutti, elettori ed eletti, la facciamo diventare con i nostri comportamenti.