Nei prossimi giorni (eravamo ad ottobre 2020), con la presentazione delle linee guida per la utilizzazione del Recovery Fund e delle altre risorse comunitarie ordinarie e straordinarie, avrà inizio il confronto con la UE riguardante la reale disponibilità finanziaria e la sua utilizzazione, previa un preliminare accordo tra il Governo nazionale e la Conferenza Stato-Regioni.
A questi importanti appuntamenti il Mezzogiorno d’Italia farebbe bene a presentarsi unito sulla base di obiettivi comuni, di comuni strategie e di efficaci sinergie armonicamente condivise, sia sul piano infrastrutturale, sia sul piano economico generale.
In un quadro complessivo, che veda al centro la reale volontà di superare rapidamente la difficile fase di crisi che stiamo attraversando, il Sud non può più essere considerato periferico e marginale, rispetto all’Italia ed all’Europa, ma deve puntare ad assumere una propria dimensione di protagonista, fortemente connessa con la sua capacità di saper dimostrare maturità, visione strategica, coesione, capacità realizzative, che siano ben lontane da ogni vecchia e pericolosissima logica di natura attendistica, subalterna, parassitaria, assistenzialistica, approssimativa e sprecona.
Appare chiaro, infatti, che il nostro Paese cresce di valenza strategica nella politica europea soltanto se riacquista una sua intrinseca centralità in quella che molti definiscono la “Regione Euro-Mediterranea”, un’area geopolitica nella quale la Sicilia ed il Mezzogiorno d’Italia non possono che avere un ruolo determinante al quale, però, devono prepararsi da subito con intelligenza ed in forma coesa e determinata.
Nel complessivo cambio di strategie della UE, infatti, non a caso, le attuali indicazioni comunitarie danno priorità proprio al risanamento ed al rilancio delle zone sottoutilizzate, in un contesto di nuova attenzione per l’Europa mediterranea. Bisognerebbe essere certi, però, che questo disegno sia ben chiaro al Governo Nazionale ed alle altre parti del Paese, che non devono fomentare strumentalmente alcuna forma di pericolosa concorrenza, ma prepararsi al mutare delle esigenze interne e globali.
In tal senso, è necessario che le Regioni interessate, attraverso i propri rappresentanti, facciano la loro parte, si organizzino e pretendano interventi definitivi ed urgenti di natura sociale, strutturale, infrastrutturale e di sistema, finalizzati ad una svolta di sviluppo che sia strategica, ma soprattutto che sia dotata realmente delle risorse indispensabili per riuscire nell’obiettivo.
Non si può affrontare un passaggio storico come quello che stiamo vivendo, divisi e disorganizzati in piccole realtà e in modesti progetti dal sapore dispersivo, velleitario, elettoralistico, improduttivo o campanilistico. Ciò che serve è una forte linea comune ed una classe dirigente (non una classe dominante) meridionale, consapevole e compatta, capace di portare alla realizzazione (non alla semplice gestione problematica) quei progetti strategici di valenza comunitaria, mediterranea ed interregionale che modifichino il territorio ed il suo tessuto economico e culturale.
Molto materiale utile a rendere veloce la realizzazione di questi obiettivi è già pronto, ma risulta frammentato, privo di collante strutturale e male assortito, in quanto ritenuto patrimonio individualistico e concorrente delle singole Regioni o di soggetti economici pubblici e privati scoordinati tra loro.
Niente di più sbagliato! Oggi non è tempo di interventi a pioggia, né di sprechi, né di conflitti di bandiera. Oggi ogni misura ipotizzata va ricondotta all’interno di in un unico sistema progettuale di natura olistica, in cui nulla vada sprecato e tutto produca azioni e risultati di scala, capaci di creare e distribuire opportunità e ricchezza in zone, fino a questo momento, molto poco valorizzate.
Mi auguro che i Presidenti delle Regioni del Sud, insieme, sappiano dimostrare competenza e maturità per muoversi in questa direzione e mi auguro pure che, per una volta, essi sappiano rispondere al territorio che li ha espressi e non ai salotti politici che orientano o disorientano le segreterie dei partiti nei quali militano.
Solo una visione unitaria del Mezzogiorno ed una sinergica capacità di movimento potrà far sì che, sui tavoli decisionali dei prossimi mesi possano pesare le ragioni di un Meridione d’Italia consapevole degli interessi del Paese, ma partecipe, attraverso le sue Regioni, ad un disegno strategico di rinascita armonica e comune.