Non è difficile sapere ciò che dovrebbero fare gli altri, noi siamo bravissimi, infatti, se parliamo di calcio saremmo degli ottimi allenatori, se parliamo di economia saremmo degli ottimi ministri, se parliamo di politica non può esserci nessun Presidente del Consiglio meglio di noi.
Tutto, invece, diventa improvvisamente difficilissimo quando spetta a noi fare ciò che dobbiamo. Eppure dovrebbe essere esattamente il contrario! Ebbene, consapevole degli effetti di una radicale paradossale regola come questa, desidero raccontare quanto mi è accaduto poco tempo addietro.
Un mio vecchio amico musicista, che abitualmente non si occupa di politica, spinto da curiosità, mi ha chiesto cosa ne pensassi dell’attuale governo nazionale. Volendomi esprimere usando un linguaggio a lui più consono gli ho risposto che, a mio avviso, bisognerebbe cambiare orchestra, musica e spartito.
Ad un altro mio amico, grande appassionato di calcio, che mi chiedeva un giudizio sul governo regionale, volendomi esprimere, anche in questo caso, con un linguaggio a lui più abituale, ho invece risposto che, dal mio punto di vista, bisognerebbe cambiare squadra, modulo di gioco e allenatore.
“E del pubblico”, mi hanno chiesto entrambi, “che ci dici?” Ho risposto che la scuola funziona male e che pertanto parlare di economia a chi ha difficoltà con la tavola pitagorica non è facile, così come non è facile parlare di scienza e di democrazia con chi pensa che sul teorema di Pitagora si possa votare.
Poi mi è venuta un’idea e gli ho risposto formulando a mia volta una domanda che credo li abbia colpiti. Mi spiegate, ho chiesto, perché dovrebbe esserci qualcuno disposto a lavorare il doppio guadagnando la metà, per consentire ad altri, in perfetta salute, di guadagnare qualcosa senza lavorare affatto?
I due miei amici si sono guardati in faccia ed hanno risposto all’unisono: “nessuno è disposto a fare questo,” mi hanno detto con un pizzico di stupore. “Se si tratta di aiutare chi sta male siamo subito pronti a fare del nostro meglio, ma aiutare chi non ha voglia di lavorare non ci pare assolutamente giusto.”
A quel punto ho voluto essere ancora più esplicito con una seconda domanda. E se chi dovesse guadagnare senza lavorare, si procurasse anche un guadagno illecito da sommare al sussidio, oppure rifiutasse di svolgere un lavoro lecito voi cosa fareste? Anche in questo caso la risposta è stata chiara e univoca: “lo denunceremmo e gli revocheremmo il reddito di assistenza.”
Per chiarire definitivamente la questione ho voluto formulare ai due amici una terza domanda. Se ci fosse un partito o un governo responsabile di un sistema come quello che vi ho rappresentato e di tanti altri gravi guai, ad esempio in ambito sanitario, voi lo votereste? “Giammai!” Hanno esclamato entrambi.
Ecco, ho detto a quel punto, se il pubblico riesce a dare risposte come le vostre è un pubblico consapevole, altrimenti è un pubblico di allocchi che non si documenta, che non partecipa e che pertanto merita di lavorare il doppio e guadagnare la metà.
In democrazia ed i politica, infatti, bisogna stabilire l’ideale punto di incontro tra diverse componenti: quelle a cui spetta la sovranità, quelle a cui spetta l’elaborazione programmatica, quella a cui spetta il governo, ecc. facendo in modo che il risultato complessivo produca un effetto armonico.
La stessa cosa accade in un’orchestra, che suona un brano musicale ed in cui ogni strumento esegue il proprio spartito, o in una squadra di calcio, in cui ogni giocatore si esprime nel ruolo che gli è stato attribuito dall’allenatore nell’interesse dell’intera squadra.
In fondo si tratta di regole piuttosto semplici e di buonsenso, forse proprio per questo motivo non sempre risulta facile applicarle, forse perché dovremmo farlo noi stessi, che amiamo sempre dire di saper fare le cose che dovrebbero fare gli altri, evitando accuratamente di fare quelle che sono di nostra competenza.