L’Italia è un Paese veramente strano; è un Paese in cui nulla è certo, in cui nessun diritto è tale, anzi, in cui tutti i diritti sono tali ma fino a prova contraria. La prova contraria, ovviamente, la si ottiene sempre e solo rivolgendosi all’autorità giudiziaria, che diventa, sempre di più, l’intasato collo di imbuto nel quale convergono tutti i problemi di tutti i settori.
Gli effetti dell’intasamento sono evidenti e non accennano a ridursi, anche perché le soluzioni sono quella cosa che impedisce la gestione dei problemi, in quanto, una volta ottenute, le soluzioni sono di tutti, mentre i problemi e le aspettative riguardanti la loro soluzione procurano i facili consensi, da parte di un popolo troppo attento alle finte nozze di Pamela Prati, piuttosto che alle scelte del governo.
È probabilmente per questa ragione che ci sono alcune notizie che dovrebbero riempirci di gioia, che invece suscitano in noi non poche perplessità e moltissime difficoltà. Tra queste vi è certamente quella secondo la quale, in Italia, l’età media cresce, sia per gli uomini che per le donne e che, addirittura, nel nostro Paese, ad oggi, vivrebbero 21 nostri connazionali con più di 110 anni, 1.112 con più di 105 anni e ben 14.456 con oltre 100 anni: un vero record!
Purtroppo, anche le buone notizie hanno i loro aspetti negativi. Nel caso specifico, le questioni irrisolte riguardano la grave carenze di strutture e di servizi dedicati a questo genere di utenza e, più in generale, all’utenza degli ultra ottantenni, circa 3,9 milioni, e degli ultra novantenni, circa un milione, che non usufruiscono di forme assistenziali adeguate alla loro reale condizione ed alla condizione delle rispettive famiglie.
Se, infatti, è vero che l’aspettativa di vita si alza, è pure vero che l’anzianità si porta dietro non solo un fisiologico aggravamento delle condizioni generali di salute, ma anche l’insorgere di patologie complesse, come quelle legate alla demenza senile, all’alzheimer, alle difficoltà di deambulazione, che potrebbero presentare l’esigenza di costosi ricoveri in strutture ospedaliere, ma anche di non richiedere questo genere di misura, potendosi ricorrere, con meno oneri e con maggiore efficacia, all’assistenza domiciliare.
Peraltro è scientificamente provato che l’anziano, salvo casi di particolare gravità, non vorrebbe lasciare la propria abitazione e non vorrebbe privarsi dell’affetto dei propri cari.
Invero, il nostro consistente apparato normativo prevede anche questo secondo genere di interventi ma, come accade spesso in Italia, si tratta di una previsione piuttosto teorica, dato che le azioni ipotizzate restano spesso sulla carta o per mancanza di risorse, o per mancanza di strutture, o per mancanza di personale.
Un esempio specifico riguardante proprio l’inadeguatezza concreta della risposta pubblica a questioni di tale delicatezza è quello riferito ai cosiddetti family caregiver, cioè i familiari che prestano assistenza ai propri congiunti disabili, la cui normativa che ne disciplina compiti e responsabilità è tanto recente quanto inadeguata.
Una tale paradossale situazione di approssimazione e di incertezza, inoltre, determina uno scontro palese tra le legittime aspettative dei cittadini utenti e le reali possibilità della pubblica amministrazione e del sistema previdenziale ed assistenziale.
Gli effetti di questa perversa condizione, alla quale nessuno, oggi, sembra appassionarsi, sono disastrosi e provocano danni notevoli sia alla qualità della vita degli anziani, sia a quella dei loro famigliari, spesso neanche tanto giovani.
Probabilmente, per vedere qualche risultato in merito, dovremo attendere che la nuova ed inesperta classe politica del Paese si imbatta direttamente nel problema.
Nelle more, soprattutto in Sicilia, dove si tardano ad attuare fino in fondo le prerogative statutarie e dove, al contrario, puntando su di esse, si potrebbero fare passi da gigante, non resta che affidarsi alla buona volontà, ma talvolta anche alla furbizia di chi fa di necessità virtù ma, prima o poi, rischia di finire nel collo di imbuto di cui si è già detto.
D’altra parte: la vita è dura e nessuno ne è mai uscito vivo!