Individuarli non è difficile, è certamente capitato a chiunque, in ogni circostanza, in qualsiasi fase della propria vita. In realtà ci sono sempre stati, in questo periodo, però, sembrano in fortissima crescita. 

“Loro, “qualunque cosa accada, non c’entrano mai”. Loro, in ogni caso, “sono estranei a certe cose”. Per loro, sempre o quasi, “di certo, si sarebbe potuto fare di meglio”.

Chi sono questi esempi di “autentica ed efficace purezza”? Chi, dotato di media intelligenza, può ritenersi estraneo a quanto gli accade intorno? Chi, per mutuare una canzone del grande Fabrizio De Andrè, “pur essendo coinvolto, può ritenersi assolto?”

A pensarci bene, la risposta non è difficile: sono gli “eterni innocenti”, anzi, per meglio dire, sono coloro i quali pensano, ad esempio, che si possa svolgere il lavoro di netturbino rimanendo perfettamente puliti; quelli che sono convinti che la politica non debba essere compromesso; quelli che ritengono che sia giusto che a rischiare siano sempre altri, magari per garantire a loro di poter continuare a lamentarsi impunemente. 

Nel mondo qualsiasi cosa è finita, non ci sono beni infiniti, eppure c’è chi pensa che si possa continuare a circolare liberamente in auto o a riscaldarsi chiudendo i pozzi di gas e petrolio ma senza permettere lo sviluppo di energie alternative.

Nel mondo c’è chi pensa che ci possano essere risultati che non prevedano effetti collaterali di un qualche tipo: chimico-fisico, economico, sociale, culturale, ecc.

Eppure la legge della conservazione della massa, elaborata da Lavoisier, non è affatto recente; il fatto che, su questa terra, “nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma” è noto da tempo. 

Così come non è recente la teoria di Edward Lorenz sul cosiddetto “effetto Farfalla”, per il quale “lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un dato momento, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l’uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga o la sua salvezza.”

Sono passati secoli anche dalla terza legge di Newton, un vero caposaldo, secondo la quale “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”, che sancisce l’interazione tra due corpi.

Eppure, c’è chi pensa di poter fare o non fare qualsiasi cosa senza essere o non essere, in ogni caso, parte degli effetti che l’azione, la reazione, l’inerzia o l’immobilismo possa determinare.

I principi della fisica ce li ritroviamo davanti in ogni occasione ed in ogni ambito, persino in quello politico o sociale, anche se sono in pochi a volerlo ammettere, preferendo la via della improbabile irresponsabilità.

Ad esempio, quando una persona perbene assiste all’arresto di un delinquente, ritiene che la colpa di quell’evento sia del delinquente, che si è macchiato di un determinato delitto e che, per questa ragione, debba pagare.

È vero, la colpa è del delinquente, perché è lui che ha compiuto il gesto, ma siamo convinti sul serio che nessun altro debba condividere la responsabilità di quel crimine? È forse un extraterrestre quel delinquente? Non ha vissuto nella stessa società in cui viviamo noi?

Sono davvero esenti da responsabilità i familiari, i compagni di scuola, i vicini di casa, gli insegnanti, gli operatori sociali del comune in cui abita, il parroco, insomma: è privo di responsabilità il contesto sociale in cui egli vive?

È possibile che nessuno si sia accorto di quanto stesse accadendo a quella persona? È possibile che nessuno abbia notato l’insorgere di tendenze devianti? Hanno davvero fatto tutti il loro dovere o hanno preferito farsi “i fatti loro”, per evitare, come spesso sentiamo dire, “di fare discussioni”?

Nel corso della ormai mia non brevissima vita, ho sempre diffidato di coloro i quali pensano di essere estranei a qualsiasi cosa accada loro intorno, ed ho diffidato ancor più di chi, non solo si tira fuori, ma tenta anche di individuare un colpevole sul quale far ricadere colpe o responsabilità. 

Sulla base di queste brevi considerazioni, credo che la politica debba fare la propria parte, debba chiedersi rapidamente se non sia il caso di rafforzare normativamente il concetto di responsabilità, sia nella fase della formazione delle coscienze, sia nella fase della esecuzione dei comportamenti pubblici o privati di ciascuno. 

Insomma, oggi che si evoca sempre più spesso il diritto alla libertà, forse perché avvertiamo più forte il pericolo di perderla, non sarebbe il caso di soddisfare anche il dovere della responsabilità? O forse pensiamo che la prevenzione non serva e la repressione securitaria e giustizialista rappresenti l’unica via percorribile?